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martedì 22 dicembre 2009
Misteri dei PIRENEI : il sarcofago di ARLES sur TECH
Per anni si è venerato questo sarcofago che pur essendo chiuso produce inesplicabilmente acqua purissima. Questa veniva venduta come benedetta dai monaci del monastero. Sono stati fatti a più riprese degli studi da vari enti e sembra che la spiegazione di come si produce l' acqua sia stata trovata. In certi punti la spiegazione non mi convince molto. La condensa o l'acqua piovana filtrerebbe lentamente attraverso il coperchio e riempirebbe il sarcofago. Corpuscoli presenti nell'acqua poi si occuperebbero di richiudere i microscopici fori.(?) Comunque sia ecco delle foto del sarcofago e dei mostri che infestavano la montagna al momento in cui questo fu ritrovato.
domenica 13 dicembre 2009
misteri della ROMANIA: TIRGOVISTE il palazzo di DRACULA
martedì 8 dicembre 2009
misteri della Romania- il castello dei CARPAZI di Jules Verne
(Le chateau des Carpathes)
Nell'ambito della mia ricerca nel mondo reale di luoghi da sempre considerati immaginari, ma che hanno tenuti incatenati alle poltrone generazioni di lettori, ho ritrovato quest'anno il luogo ove si svolgono le vidende del "Castello dei Carpazi" di Giulio Verne, opera poco nota, in cui però, se vi prendete la briga di leggerla, troverete anche un accenno a Dracula!!!! (senza che il suo nome sia nominato!).
Non vi dico niente della trama, che si svolge secondo i canovacci tipici dei romanzi gotici per risolversi però in maniera del tutto scientifica, senza alcuna traccia di soprannaturale, secondo l'ottica tipica di Verne.
Poichè i Carpazi descritti dall'autore francese somigliano molto ai Pirenei, pochi nel mondo occidentale si sono presi la briga di investigare quanto c'era di vero nel romanzo.
Così da noi, ma non in Romania, teatro delle gesta dei personaggi: ci sono diversi siti rumeni che riportano la storia e i legami del castello con Verne.
Ho potuto anche leggere che molto probabilmente, ed in segreto, Jules visitò i luoghi accompagnato
da una misteriosa rumena che lo rese edotto delle vicende fosche del castello . Penso che la cosa sia plausibile in quanto nell'edizione originale francese esiste un'illustrazione d'epoca che è molto, ma molto simile ai ruderi autentici del castello, segno probabile secondo me che l'illustratore aveva avuto da Verne informazioni precise.
Se poi volete sapere dove è il castello, qui mi prendo l'arbitrio di non dirvelo, ma gli interessati possono scrivermi, sarò lieto di rispondere.
Dò a tutti un indizio: il castello si trova proprio nei luoghi descritti da Verne nel suo romanzo ed uno dei personaggi ha il nome del vero castello!
Fabrizio Frosali
martedì 24 novembre 2009
Il castello di CHINON (le chateau de Chinon)
(Le chateau de Chinon)
Nella lunga e centenaria storia del castello di Chinon, tre sono a mio avviso le cose che vanno principalmente ricordate: la corte regale che qui tenne Enrico II, l'imprigionamento dei dignitari templari nella torre di Coudray, dove essi lasciarono i famosi graffiti, e il ricevimento da parte del re Carlo VII di Giovanna d'Arco, nel 1429. La stessa fu poi alloggiata proprio nella torre di Coudray, circa un secolo dopo che i graffiti erano stati lasciati, e forse ebbe modo di vederli...
Fabrizio Frosali
Gli spettri di frangokastelo
Frangocastello o Frangokastelo o Kastelfranco giace in una remota parte dell’isola di Creta, in riva al mare, in uno scenario magnifico. Fu costruito dai Veneziani e la sua storia è sempre stata bagnata dal sangue, ma l’episodio che viene maggiormente ricordato avvenne nel 1828, all’epoca della guerra di indipendenza contro i turchi. Il castello allora fu occupato da un manipolo di insorti comandati da Khatzimichalis Dalianis, poi l’esercito turco arrivò per riconquistare la fortezza , con circa 9000 uomini e molti cannoni.
Dalianis che aveva solo circa 700 uomini e 4 piccoli cannoni, fu consigliato di ritirarsi nell’interno dell’isola, dove avrebbe potuto bloccare i passi montani: Egli declinò l’offerta e preferì combattere nel castello che si trova in una posizione aperta, in riva al mare ed è difficilmente difendibile da parte di terra. L’assalto fu sanguinosissimo: Dalianis e circa metà dei suoi caddero e i turchi entrarono nel castello. Ma non erano morti gli altri patrioti, che si erano asserragliati in due piccole chiesette ai lati del castello: costoro contrattaccarono e dopo scontri terribili ripresero la fortezza usando per chiudere i varchi i corpi dei cavalli morti. Nel frattempo altri patrioti a migliaia si erano radunati, emersero dai passi montani e dopo una cruenta battaglia misero in rotta l’esercito turco facendo circa un migliaio di vittime.
Da allora uno strano fenomeno si osserva. Alla ricorrenza dell’assedio al castello, il 17 di maggio secondo il calendario gregoriano (ma la data varia secondo le fonti, diciamo che la cosa avviene verso la fine di maggio o i primi di giugno) si può notare una strana processione di uomini , vestiti in nero, che alle prime luci dell’alba emergono da una chiesetta diroccata e in un silenzio irreale marciano verso il castello, facendo luccicare le spade e le canne dei fucili. Si soffermano un attimo alla fortezza, poi proseguono e spariscono in mare. Si dice che sono gli uomini di Dalianis , che errano senza pace , e sono chiamati Dhrousolites, cioè uomini della rugiada, perché vengono fuori solo all’alba. Il fenomeno sfida ogni spiegazione (anche i miraggi sono stati chiamati in causa ) ed è ben documentato, per quanto non avvenga tutti gli anni: nel 1890 ad esempio un esercito turco di stanza nei paraggi li avvistò e l’allarme fu suonato e nell’ultima guerra anche una pattuglia tedesca aprì il fuoco su di loro.
Ultimamente sono state fatte delle rilevazioni con strumenti scientifici ma per quanto ne so senza esito, a meno che non si creda all’ipotesi soprannaturale.
Fabrizio Frosali
James Brooke il rajah di Sarawak
La vita di James Brooke è l'esempio tipico di come, almeno fino al secolo scorso, un uomo determinato, con nemmeno una grandissima disponibilità finanziaria, potesse ritagliarsi un piccolo regno in remote regioni del globo. Era nato in India nel 1803 e passò la sua fanciullezza a Benares. Da giovane entrò al servizio della East India Company e fu mandato col suo reggimento nella valle del Brahmaputra. Li in un minore scontro con i Burmesi, in cui mostrò un notevole coraggio, fu ferito e nel 1825 tornò in Inghilterra, a Bath, per la convalescenza.
Non si è ancora chiarito in che parte del corpo Brooke sia stato ferito. Secondo alcune fonti la ferita lo colpì nelle sue parti maschili e forse è per questo che per tutta la vita non fu interessato all'altro sesso. Non ci sono prove che fosse omosessuale, ma certo la sua approvazione a certi fisici statuari di indigeni, la sua amicizia con Badruudeen il fratello di Muda Hassim ed il fatto che per sua esplicite affermazioni, dormisse a volte nello stesso letto con giovani ufficiali, lasciano intravedere qualcosa che va al di la del semplice cameratismo.
Non si sa se si sia mai sposato. Ricercò in tarda età un figlio illegittimo avuto con una serva del padre e fonti bornesi affermano che sposò con rito musulmano Penigran Anak Fatima, nipote del sultano del Borneo, da cui forse ebbe una figlia.
Comunque sia, dopo la sua guarigione dalla ferita, lasciò il servizio della compagnia e viaggiò molto visitando diverse isole dell'arcipelago indiano. Provò anche a dedicarsi al commercio ma non era tagliato per questa vita. Con l'eredità ottenuta con la morte del padre armò uno Yacht, il Royalist, che tanta parte ebbe in seguito nella sua personale vicenda nella lotta contro i pirati malesi. Arrivato a Sarawak fu ricevuto amichevolmente dal rajah Muda Hassim che forse lo credeva un inviato ufficiale della potente Inghilterra, ed iniziò le sue esplorazioni. Ebbe così modo di conoscere la realtà politica del Borneo, diviso in tanti staterelli con le varie tribù in perpetua lotta tra loro. Al momento di lasciare il Sarawak per altre isole ebbe un piccolo scontro con i Daiachi che assalirono la sua nave. La sua assenza durò sei mesi ma James fu deluso dalle altre isole che visitò, così torno a Sarawak dall'amico Hassim . Costui era impegnato in una specie di guerra con dei ribelli malesi, che reclamavano il Sarawak come dominio olandese. Le azioni guerresche erano effettuate per lo più costruendo larghe fortificazioni in legno. Il lavoro veniva fatto da daiachi e cinesi. Ogni parte faceva a gara a costruire le più grandi fortificazioni. C'era uno scambio di insulti, il battere dei gong, poi le costruzioni venivano smantellate per essere erette più in là. I belligeranti erano armati principalmente di armi bianche ma avevano anche delle specie di fucili consistenti in dei tubi di ferro che venivano retti da due persone, riempiti di polvere da sparo a cui veniva dato fuoco. Ciò produceva un gran rumore ma poco altro. In un'occasione, con una piccola carica effettuata coi suoi uomini e con gli alleati malesi, Brooke si impadronì di un fortino dei nemici e questo fu decisivo. Hassim in riconoscenza gli consegnò l'intero stato del Sarawak.
ARTICOLO APPARSO INTEGRALMENTE SUL N. 11 DELLA RIVISTA CRONOS
Fabrizio Frosali
giovedì 19 novembre 2009
MONTREAL DE SOS: castello del Graal
Comincio subito con l’introdurre la nozione di quello che viene definito Graal Pirenaico o Pireneico, come volete. Sapete sicuramente, o dovreste sapere (ripeterò più volte questa frase) che esistono varie ipotesi su quell’oggetto misterioso chiamato Graal, da pietra, a smeraldo, a calderone tipo cornucopia, a coppa. Non ci addentriamo in merito, non è questa la sede, ma anche limitandoci alla interpretazione cristiana più ortodossa, quella di calice appunto, sappiate che esistono alcuni libri che descrivono addirittura il percorso che il Graal, dopo aver raccolto il sangue di Cristo sulla Croce, avrebbe compiuto. Uno di questi tragitti è quello del Graal Pirenaico che a sua volta si può distinguere in due segmenti, uno è quello che ci porta dalla parte spagnola dei Pirenei e che condurrà poi l’oggetto al luogo dove si può tuttora ammirare in una bacheca, la cattedrale di Valencia. Lasciamo da parte questo percorso e concentriamoci invece sul Graal che ha percorso le valli e i monti boscosi della parte francese.
Sapete sicuramente (o dovreste sapere) che vi sono delle teorie più o meno valide, su cui comunque torneremo, che il Graal “potrebbe” esser stato venerato dai catari arroccati nel castello di Montsegur. Dopo la caduta di quest’ultimo ed il rogo dei perfetti, e dopo la scoperta che almeno quattro dei catari erano fuggiti calandosi con le corde dalla vertiginosa parete nord del castello, varie speculazioni sono state fatte. Riparleremo poi del presunto ritrovamento vicino Montsegur, del Graal da parte di Otto Skorzeny, e ci limiteremo qui a notare che un Graal o “il” Graal, potrebbe esser stato portato nel vicino castello di Montreal de Sos, proprio sopra Vicdessos……
Vi preannuncio che a suo tempo feci ricerche in prima persona di questo Graal e ve ne parlerò, lasciate quindi che vi narri la storia di come ne sono venuto a conoscenza e dello stato delle ricerche.
Conobbi l’esistenza di questo Graal, dal libro di Patrick Riviere “sur les sentiers du Graal” delle edizioni Robert Laffont 1984.
L’autore afferma. “ Nel percorso dei quattro sfuggiti al rogo si cita un certo “castrum de So”: ne fa menzione Arnaud Roger de Mirepoix nella sua deposizione agli inquisitori. Ora, curiosamente, lasciando Tarascon sur Ariège, dove si trova il singolare piccolo museo di Antonin Gadal, una strada ci conduce al villaggio di Vic-de-Sos, e poi al castello di Montreal-de-Sos che è uno dei più vecchi castelli della regione, la sua costruzione risale al periodo romano. Fu distrutto dagli arabi e ricostruito verso il 1000, poi di nuovo smantellato sotto Luigi XIII su ordine di Richelieu: si drizza a circa 1240 metri in faccia al picco di Montcalm.
Nello zoccolo roccioso dell’edificio si trova una grotta a doppia entrata, e in un anfratto della stessa si distingue a malapena (tanto i colori sono passati) uno strano affresco policromo, in bianco, nero e rosso rappresentante delle croci, una spada rotta, una lancia, un piatto con cinque gocce di sangue, una lancia alla cui estremità cola ancora del sangue, un sole risplendente, simboleggiante con ogni evidenza il Graal… Antonin Gadal chiamò questa “la grotta dell’iniziazione “ e questa divenne l’elemento centrale e tangibile della tesi del Graal pirenaico! …. I catari avrebbero potuto davvero nascondere l’oggetto sacro qui, perché sarebbe stato al riparo dall’inquisizione, in quanto il castello di Montreal (Mont-Royal!) –de-Sos era posto sotto la protezione del re d’Aragona”.
Fu così che nell’estate del 1985, trovandomi in zona, decisi di mettermi alla ricerca di questo fantomatico Graal: trovata abbastanza facilmente l’ubicazione del luogo rimasi però deluso dai ruderi del castello che sono inesistenti o quasi. Si trovano su un picco sovrastante il villaggio e la scarpata che porta a questi è letteralmente costellata di cavità: intorno a queste scure aperture si trovano letteralmente centinaia di croci incise o scolpite nella roccia in varie epoche, di tutti i tipi e dimensioni. Individuata la caverna che prometteva un accesso possibile, la percorsi nel buio quasi totale, fino a trovarmi all’altra entrata, che però dava su uno strapiombo. Proprio sopra di me, ma irraggiungibile a meno di non avere corde di sicurezza o piccozze, oppure col rischio di una scalata oltremodo pericolosa, erano i pochi resti del castello: Non sono stato capace di trovare il famoso Graal, però devo dire che non ero minimamente preparato alla ricerca, che pensavo più agevole.
Non sono più tornato nel luogo ma ho raccolto altre informazioni: nel 1986 esce “Montsegur et l’enigme catare” del noto studioso bretone Jean Markale, che attacca pesantemente la tesi del Graal Pirenaico, propugnata da Antonin Gadal prima e Otto Rahn poi. Egli afferma testualmente che “ Il disegno (enigmatico, in cui alcuni studiosi hanno creduto intravedere una raffigurazione del Graal) data dalla fine del medio evo, o forse anche dal 17° o 18° secolo e non ha niente a che vedere con i catari. “
E qui dovrei parlarvi della storia complessa di Otto Rahn, della sua identificazione del castello del Graal con Montsegur, della ricerca delle SS del fantomatico tesoro ecc. ecc. Ma di questa storia vi sono libri a profusione e ve la accennerò al capitolo dedicato a Montsegur succintamente.
Qui mi limito ad un mistero nel mistero. In un libro uscito nel 1991, “Emerald cup-ark of Gold” il colonnello Howard Buechner, americano, fa menzione di aver trovato le tracce di una spedizione effettuata dallo svizzero Karl Rinderknecht e apparsa nel periodico tedesco Koralle Magazine al numero 42 del 19 Ottobre 1941 col titolo “In cerca del graal”. In questo articolo si dice che il simbolo fu trovato nei corridoi sotterranei di Montsegur .”” Fu trovata anche una croce templare semisepolta e un lago sotterraneo in una caverna gigantesca”.
Non viene fatta menzione di Otto Rahn che pure aveva battuto gli stessi luoghi, e diffuso la tesi del Graal pirenaico pochi anni prima. Ma nel libro succitato c’è la foto dell’affresco e dalla descrizione corrispondeva a quello della caverna di Montreal de Sos. Sono stato subito certo di questo, anche perché malgrado le dicerie, non mi consta che sotto Montsegur vi siano dei sotterranei, e anni dopo ho avuto la conferma: il graffito, che io al naturale non ho mai visto, è proprio quello di Montreal de Sos. Il lago sotterraneo può inoltre trattarsi di quello minuscolo che si trova nella grotta, questa sì gigantesca, di Lombrives.
Vi do a questo punto le ultime notizie: nel 2005 esce “enigmi di pietra “ di Helmut Lammer (ancora un tedesco!) e Mohammed Boudjada: Essi spiegano dove si trova il graffito. “E’ raggiungibile solo attraverso un sistema di passaggi scavati nella roccia; la salita è pericolosa e non bisogna soffrire di vertigini, Dopo aver raggiunto l’altopiano su cui si erigeva il castello si percorre una salita stretta nella roccia sotto i resti di un torrione, fino a giungere in una caverna dove si trova la grotta e il dipinto citati precedentemente”. Poi il libro dice che qui si possono intravedere immagini anche di un sacerdote del dio Mitra con un berretto frigio che infilza un drago, con un’immagine che ricorda molto l’arcangelo Michele, un toro, corvi, cane e serpenti. Lascio a chi avrà la voglia di proseguire la ricerca il verificare queste asserzioni. Ho trovato però in internet che adesso il castello viene restaurato e messo in sicurezza: Se ciò è lodevole mi chiedo che fine faranno i graffiti, se pure esistono ancora: Speriamo bene…
Fabrizio Frosali
i castelli catari di LASTOURS
(Les chateaux cathares de Lastours)
I castelli sono quattro: Cabaret, Tour Régine, Surdespine e Quertinheux. Non do qui il resoconto della difesa accanita che oppose Pierre Roger de Cabaret ai crociati del nord. Dico solo che questi poveri resti, più volte rimaneggiati nei secoli, servono ora per lo sfruttamento a scopo turistico della loro immagine. Ancora venti anni fa, si potevano ammirare dalla collina vicina. Adesso il luogo è recintato e si deve pagare l'ingresso!!
Fabrizio Frosali
il castello cataro di QUERIBUS
(Le chateau de Queribus) L’assedio del castello di Queribus è solo un’azione secondaria legata ad un’operazione più importante, la conquista di tre piazzeforti, cioè Queribus appunto, Puylaurens e Castel-Fizeil che costituivano con Aguilar e Peyrepertuse una potente linea di difesa sul confine spagnolo. Ricordo, se non l’ho ancora detto, che la presa di Queribus avviene ben 12 anni dopo quella di Montsegur e non è ben documentata. Nei libri che parlano del catarismo Queribus è nominato di sfuggita, eppure è qui che si rifugiarono gli ultimi catari; Queribus inoltre è davvero un castello di guerra; se Montsegur poteva essere anche una specie di tempio per la religione catara, in quanto non aveva caratteristiche tali da potersi difendere a lungo a parte la sua posizione, Queribus è di altra pasta. Oltre alla posizione, davvero spettacolare, un dente aguzzo che si staglia verso il cielo, visibile anche dalla lontana Perpignano, le sue strutture difensive erano notevoli. Eppure, come praticamente tutti i castelli conosciuti, cadde anch’esso, dopo pare solo quattro mesi d’assedio e per tradimento. Consiglio l’unico libro che ho trovato sull’argomento il volume “Queribus” di Fernand Niel. Oltre a fare una ricerca storica negli archivi, questo autore ritorna anche sulle misurazioni e gli allineamenti da lui scoperti col sole al solstizio d’inverno e fa una comparazione tra questi e quelli rilevati a Montsegur.. Dando però per scontato che questi dati siano esatti, non è detto che siano voluti…. Recentemente è stato osservato che il pilastro della sala gotica, decentrato rispetto al centro di questa, che secondo Niel serviva da punto di riferimento per conoscere la posizione del sole anche in questo luogo in cui la luce non penetrava mai, sarebbe invece stato costruito così in epoca più tarda, nel 1600 circa, per sostenere il peso delle artiglierie che si trovavano sul tetto del mastio. In effetti se si guarda bene, Queribus non ha affatto l’aria di una fortezza dell’alto medioevo, ma la sala gotica, al di là di tutto, è davvero uno splendore e l’impressione che se ne ha entrandovi, può davvero essere la stessa che si ricava in alcune chiese di stile gotico di ben più alta rinomanza…. Fabrizio Frosali |
Il castello di MONTSEGUR- i cavalieri rossi
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I templari nei Pirenei: LUZ SAINT SAVEUR- il castello SAINTE MARIE
Luz in spagnolo vuol dire luce e davvero questo piccolo paesino, vicino a Gavarnie, è colmo di luce. La cosa più bella e caratteristica di Luz, è senz’altro la sua chiesa fortificata, che va proprio vista. Si sente un’atmosfera magica, rilassante, ad entrare qui.. Eppure era anche un luogo di difesa, con colatoie al di sopra della torre che da l’accesso. Le sculture dell’esterno hanno forme così bizzarre, da dare davvero l’impressione che le accuse rivolte ai templari fossero fondate, ma devo avvertire che solo la tradizione attribuisce a questi monaci la costruzione della chiesa.
Io ho visitato Luz nel 1991 e sono andato alla ricerca della cosa forse più caratteristica dell’interno di questa chiesa: purtroppo non sono riuscito a vederla; mi dissero che il quadro era in restauro ed era chiuso nella sagrestia. Si tratta della raffigurazione di un essere trinitario, un vecchio con una testa che ha tre visi quattro occhi e tre nasi. E tiene tra le mani un triangolo nel cui centro appare la parola “Deus”. Ma di disegni misteriosi da vedere ce ne sono e tanti!
Vicino a Luz c’è inoltre il castello “ de Sainte Marie” famoso per dei disegni che ne fece Victor Hugo e per essere stato un riparo di briganti nel XV secolo.
Vi parlo di questo perché c’è una leggenda che narra che il capo di questi briganti fosse un cattivissimo Cagot . Anche gli uomini di questo bandito erano Cagot. Ad un certo momento questi rapì una bella fanciulla della valle che si chiamava Maria (da cui poi è venuto il nome del castello) e la rinchiuse nella torre più alta. Costei pregò tanto che ad un certo momento una nuvola avvolse la torre e portò in cielo la ragazza. Il bandito Cagot accortosi della cosa si precipitò sugli spalti , ma fu accolto da un preciso tiro di fionda che gli fu indirizzato dal fidanzato della ragazza che si aggirava intorno al castello per liberarla: il cagot cadde morto ed il suo fidanzato di li a poco, in mancanza della sua bella , si fece eremita……
Fabrizio Frosali
La donna nuda dei PIRENEI
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mercoledì 18 novembre 2009
misteri della ROMANIA: POENARI, il vero castello di DRACULA
Questo sì che è autentico, Ceausescu lo fece restaurare ed illuminare quasi avesse paura del vampiro. Fece anche costruire una villa di fronte al monastero dove Dracula era sepolto e si diresse verso Tirgoviste, dove esistono i ruderi del palazzo di Dracula, nella sua pazza fuga che culminò con la sua morte. Oggi la visita alle rovine di Poenari è possibile, agevolata dal fatto che una comoda scala in legno si snoda attraverso il bosco fino alla sommità del monte. Ci vuole però molto fiato, perchè ci sono 2400 gradini da salire (e poi scendere) . Si è ripagati dalla vista spettacolare che si può godere dall'alto ripensando anche a chi volle questa fortezza montana...
martedì 17 novembre 2009
misteri della PROVENZA:. il priorato di CARLUC
(Le prieuré de Carluc)
Parola strana. Evoca echi che provengono dalla notte dei tempi, quando il mondo era giovane e la magia permeava tutte le cose.
A Carluc c'è tutto: rocce, acqua, vegetazione, bosco sacro, cappelle sacre, resti di un castello, tombe rupestri, segni lasciati dai templari, abitazioni di eremiti, segni del maestri costruttori, mistero.
Carluc è uno dei luoghi più importanti della Provenza per gli amanti degli alti luoghi antichi, i certi, i galli, la storia dimenticata, gli enigmi.
Eppure a volere la visita si può limitare a qualche minuto, se gli occhi si usano solo per vedere, in quanto in pochi metri è concentrato un numero enorme di topoi. di simboli, ma se si usano gli occhi per osservare, non solo per visionare meccanicamente le cose, e si ha una mente per organizzare e catalogare . e un'anima per ascoltare I sussurri che in questo luogo magico ci porta il vento che stormisce tra gli alberi, con le orecchie attente alle mute richieste che ci arrivano dalle tombe senza nome allineate con ordine o disperse a casaccio come viene, voci deboli che ci chiedono di non dimenticare e, allora davvero possiamo assorbire il sito, diventare tutt'uno con l'acqua che scorre dalla sorgente sacra, fonderci con le mute rocce e i resti di colonne e statue che ancora si trovano incredibilmente nel magico posto, integrarci con esso ed allora sicuramente il richiamo che ci verrà alfine fatto di allontanarci e ri¬prendere la nostra vita quotidiana, arriverà troppo presto.
Carluc è un luogo che è stato scoperto e aperto al grande pubblico solo recentemente. Gli scavi sono stati effettuati negli anni 60 e tutto sicuramente non è ancora venuto alla luce. Il sito, sembra sia stato abitato da almeno duemila anni: alto luogo druidico. confer¬mato da una sorgente che non cessa mal di buttare e da una grossa pietra utilizzata forse come altare per sacrifici. A ben guardare ci sono i resti di tre chiese, ma solo una è
relativamente ben conservata: la più antica, stabilita semplicemente come una cellula rupestre, era dedicata a S. Pietro, già nominata in un carteggio del 1011 che nomina anche l'arcivescovo Achinric.
Degno di nota é l'altare che si volge stranamente ad ovest e non ad est come di consueto. Carluc fu ceduta tramite bolla del papa Gelaso II all'abbazia di Montmajour negli anni 1114 o 1118. Veramente in un altro documento ho trovato che esiste una bolla di Leone VII che già nel 964 faceva dono del monastero abbandonato di Carluc agli stessi monaci di Montmajour, testimonianza questa di come sono condotte le ricerche e di come i vari ricercatori ( e mi ci metto anche io), riportino i dati senza controllare. La chiesa attualmente rimasta è la seconda:quella dedicata a Notre dame. Ci sono poi resti di un'altra dedicata a S. Giovanni Battista Ma la necropoli è più antica data dalla fine dell'età merovingia, anno 751. la galleria sepolcrale che ancora conserva parti della volta era un antico luogo druidico che sbocca su una sorgente sacra, la sorgente di lunga vita .
Chi cerca i templari non resterà certo deluso: nella cappella, che si apre solo su richiesta, si può rimarcare l'agnello di Dio che porta la croce, con accanto il simbolo del tempio, un'altra croce templare è visibile nell'interno della gallerìa, nel punto di uscita, ma sicuramente ci sono altri segni.
Per chi sa cercare infine si può trovare il sigillo di Salomone, impresso dai maestri costruttori della chiesa in un angolo nascosto.
Il luogo era una tappa per i pellegrini sul Cammino di Santiago, ma dopo il MedioEvo cadde in decadimento e addirittura la cappella superiore, meglio conservata, fu adibita a stalla da un agricoltore nel XVII secolo.
Fabrizi0
Chi cerca i templari non resterà certo deluso: nella cappella, che si apre solo su richiesta, si può rimarcare l'agnello di Dio che porta la croce, con accanto il simbolo del tempio, un'altra croce templare è visibile nell'interno della gallerìa, nel punto di uscita, ma sicuramente ci sono altri segni.
Per chi sa cercare infine si può trovare il sigillo di Salomone, impresso dai maestri costruttori della chiesa in un angolo nascosto.
Il luogo era una tappa per i pellegrini sul Cammino di Santiago, ma dopo il MedioEvo cadde in decadimento e addirittura la cappella superiore, meglio conservata, fu adibita a stalla da un agricoltore nel XVII secolo.
Fabrizi0
Misteri della PROVENZA: MAZAN il cimitero dei vampiri
(Mazan,le cimitière des vampires)
Secondo l'etimologia sarcofago significa " che si nutre di carne" ed indubbiamente questi sarcofagi allineati nel piccolo cimitero di Mazan hanno qualcosa di inquietante.
Pare che si tratti di sarcofagi gallo romani rinvenuti nelle campagne circostanti, secondo altre fonti potrebbero essere invece merovingi;. la leggenda del cimitero dei vampiri sembra originata dal fatto che questi sarcofagi hanno un coperchio talmente grosso e pesante da dare l'idea che potessero resistere anche agli attacchi dei vampiri: ma da cosa può essere originata l'idea di vampiri intorno a Mazan? Forse dalla strana cappella di Notre Dame di Pareloup,che si trova al centro del cimitero ed è strana davvero, molto spoglia, e quasi del tutto incavata nella terra nel senso che per entrarci dobbiamo scendere dei gradini per poi ritrovarci in un ambiente semisotterraneo. La statua della Madonna si trova a lato e la raffigura nell'atto di dominare un lupo. da qui il nome della chiesa. Sembra infatti che anche nel secolo scorso i lupi frequentassero questi paraggi e forse da qui è sorta la leggenda dei vampiri, poichè probabilmente questi carnivori spinti dalla fame cercavano di aprire le tombe fresche del cimitero. E' noto che una delle prerogative dei vampiri letterari è quella di trasformarsi in lupo, ed ecco quindi l'associazione lupo-vampiro, che si può riscontrare nella realtà in questo strano ed affascinante luogo che è.....
Fabrizio Frosali
Pare che si tratti di sarcofagi gallo romani rinvenuti nelle campagne circostanti, secondo altre fonti potrebbero essere invece merovingi;. la leggenda del cimitero dei vampiri sembra originata dal fatto che questi sarcofagi hanno un coperchio talmente grosso e pesante da dare l'idea che potessero resistere anche agli attacchi dei vampiri: ma da cosa può essere originata l'idea di vampiri intorno a Mazan? Forse dalla strana cappella di Notre Dame di Pareloup,che si trova al centro del cimitero ed è strana davvero, molto spoglia, e quasi del tutto incavata nella terra nel senso che per entrarci dobbiamo scendere dei gradini per poi ritrovarci in un ambiente semisotterraneo. La statua della Madonna si trova a lato e la raffigura nell'atto di dominare un lupo. da qui il nome della chiesa. Sembra infatti che anche nel secolo scorso i lupi frequentassero questi paraggi e forse da qui è sorta la leggenda dei vampiri, poichè probabilmente questi carnivori spinti dalla fame cercavano di aprire le tombe fresche del cimitero. E' noto che una delle prerogative dei vampiri letterari è quella di trasformarsi in lupo, ed ecco quindi l'associazione lupo-vampiro, che si può riscontrare nella realtà in questo strano ed affascinante luogo che è.....
Fabrizio Frosali
venerdì 13 novembre 2009
Misteri della Provenza: il dolmen di DRAGUIGNAN
Misteri della Provenza: MONTMAJOUR
Montmajour
Collina sacra che una volta era un’isola circondata da acque stagnanti (similarità con Glastonbury) fu fondata da monaci che evocavano s. Trofimo, inviato da S.Pietro in Gallia. Questo si sarebbe rifugiato in una grotta di Montmajour; oppure Childerico figlio di Clodoveo avrebbe costruito la chiesa dopo aver incontrato un gruppo di monaci ma indubbiamente il luogo è più antico, la collina fu prima abitata da popolazioni preistoriche, poi dai celti e dai romani: ma le tombe rupestri? Forse una grande battaglia avvenne qui vicino.
Ai fedeli che venivano qua nel medioevo il 3 maggio e che lasciavano un’offerta, era garantito il perdono (concesso nel 1030) poiché l’accesso in barca era difficile, fu costruita la cappella della Santa Croce (ne conteneva una parte). Nel xv secolo l’abbazia, per la guerra dei cento anni, decadde: Le bande di Arnaud de Cervoge detto l’arciprete seminarono morte e distruzione. Nel 1368 Du Guesclin pose l’assedio a Arles. Fu decisa allora la fortificazione dell’abbazia : Raymond de Turenne, predone di le Baux saccheggiava Arles e le campagne epidemie di peste nera e la decisione di Innocenzo VIII che ridusse la casa madre di Montmajour a una semplice commenda di S. Antonio: Si era diffuso infatti il potere delle reliquie del Santo che nella vicina prioria di la Motte en Viennois poteva guarire dal fuoco di S. Antonio. La rinascita avvenne per merito della congregazione benedettina di S. Maur che agiva secondo il più rigoroso rispetto della loro regola e soppianto l’ordine di monaci preesistente, Questi svuotarono l’abbazia di ogni bene ma malgrado le avversità , tra cui il pagamento per molti anni della commenda all’abate, designato dal re, i maurini riuscirono a ricostituire l’abbazia dalle sue rovine.
La parte più bella per il sottoscritto, dell’abbazia è la cappella di S. Pietro. Ci si arriva da una porta del xiv secolo guardata da un s. Pietro con le chiavi in mano . E’ interamente scavata nella roccia e benché di ridotte dimensioni il vano meridionale è una vera chiesa con navata coro e abside. la costruzione risale al 1030 circa, è uno degli esempi più importanti del primo romanico provenzale insieme con la cattedrale di s. Victor a Marsiglia e con Vaison la Roumaine. L’atrio a ovest era usato per le sepolture, dopo il coro a est c’è un’abside semicircolare. Si dice che fosse abitata da un monaco misterioso il cui nome è ignorata , ma che avrebbe occupato uno dei più alti ranghi nella gerarchia benedettina.
La necropoli: le tombe più antiche sono antropomorfe, sono con i piedi ad est e la testa a Ovest. Le più piccole non sono di bambini, ma dei resti o ossari.
Vi sono molte tombe anche attorno alla cappella della vera croce, essa è composta di quattro absidi semicircolari intorno a una campata con volta.
Cripta di S. Benedetto: poiché l’abbazia è su una collina, la funzione della cripta è di correggere l’inclinazione naturale del suolo,forse era qui che si conservava la vera croce. Vi sono poi gli edifici medioevali e le fortificazioni di cui resta una bella torre.
Nel chiostro del XII secolo troviamo la Tarasca, la Salamandra, Jona e la balena, Salomone e la regina di Saba , il più misterioso è un uomo assiso che carezza due chimere dalla testa di capro.
Anche Van Gogh ritrasse le costruzioni dell’abbazia. Il chiostro è una variante di quello di Arles, con le sue volte a botte rinforzate da un arco diagonale negli angoli. Molti pezzi della decorazione non poterono esser rimessi a poste e dunque specie nell’ala nord vi sono molti restauri.
Fabrizio Frosali
Misteri della PROVENZA: Il colubro di FONTAINE DE VAUCLUSE
Per me il luogo più magico, più affascinante di tutta la Provenza: partiamo dalle caratteristiche naturali. La grotta della sorgente, a volte di un’acqua limpidissima, si trova ai piedi di una collina di 230 metri: le acque scendono rapidamente e tumultuosamente dalla grotta alimentate anche da piccole sorgenti laterali e la portata è anche di 200 m3 al secondo. Anche i romani avevano riconosciuto l’importanza dio questa sorgente e avevano costruito un acquedotto di cui si sono ritrovate le tracce. Il mistero più grande è dato dalle varietà estreme del debito della sorgente indipendente dalle stagioni e dal tempo atmosferico . Si pensa che la sorgente capta le acque di una immensa superficie dal Monte ventoso al Luberon . Si sono fatte ricerche penetrando nel sifone della sorgente, anche da Cousteau nel 1950 : un piccolo sottomarino nel 1985 è arrivato a 315 metri
Un tedesco, HasenMayer, con scafandro autonomo è sceso alla profondità eccezionale di 205 metri nel 1983.
Esiste anche a S. Christol un forellino da cui usciva un soffio d’aria. Il buco soffiatore agisce come una valvola di sicurezza.
Chiesa
È una delle più caratteristiche della Provenza , romanica, a navata unica e una abside fiancheggiata da colonne antiche Costruita pare nel vi secolo fu distrutta nel 1034 A destra del coro si apre la cripta con il sarcofago di S. Verano, vescovo di Cavaillon nel sesto secolo e uccisore del mostruoso Colubro per alcuni invece ucciso da Petrarca . Oggi in riva al fiume si trovano solo delle piccole salamandre.
Il monte della vacca d’oro sormonta Vaucluse; si racconta che in un’epoca imprecisata gli inglesi volevano acquistare il monte che racchiuderebbe le ricchezze ma i valligiani rifiutarono. Chi penetra nelle caverne del monte alla ricerca del tesoro viene accolto dai gemiti e dalle minacce dello spirito guardiano.
Al mulino di S.Marcel si scoprì uno scheletro di un uomo molto grande che aveva vicino una bottiglia che aperta rivelò un vino squisito.
Il castello: Fu costruito nel 1030 dai monaci dell’ordine di S. Vittorio e ospitava una guarnigione di 150 uomini. Appartenne ad un amico del Tetrarca Philippe de Cabassole vescovo di Cavaillon.
Tetrarca, fu da queste parti che conobbe Laura. La teoria più diffusa afferma che essa era la moglie di Hugues de Sade da lui sposata nel 1325: madre di 11 bambini morta di peste nel 1348 a 40 anni. Petrarca possedeva qui una casa in riva a fiume e un piccolo giardino . Un giorno si dice fu lui che uccise il colubro e non S. Verano.
Poi il marchese de Sade nel 1779 in una lettera parla di essere ossessionato dalla figura di Laura, che gli appare in sogno e gli parla della vita eterna.
Sono queste le “chiare fresche dolci acque” del Petrarca
Si dice che dalla sorgente emanino delle forse che possono far sentire l’energia e il fascino di cose che hanno lasciato il segno nella storia.
Fabrizio Frosali
Un tedesco, HasenMayer, con scafandro autonomo è sceso alla profondità eccezionale di 205 metri nel 1983.
Esiste anche a S. Christol un forellino da cui usciva un soffio d’aria. Il buco soffiatore agisce come una valvola di sicurezza.
Chiesa
È una delle più caratteristiche della Provenza , romanica, a navata unica e una abside fiancheggiata da colonne antiche Costruita pare nel vi secolo fu distrutta nel 1034 A destra del coro si apre la cripta con il sarcofago di S. Verano, vescovo di Cavaillon nel sesto secolo e uccisore del mostruoso Colubro per alcuni invece ucciso da Petrarca . Oggi in riva al fiume si trovano solo delle piccole salamandre.
Il monte della vacca d’oro sormonta Vaucluse; si racconta che in un’epoca imprecisata gli inglesi volevano acquistare il monte che racchiuderebbe le ricchezze ma i valligiani rifiutarono. Chi penetra nelle caverne del monte alla ricerca del tesoro viene accolto dai gemiti e dalle minacce dello spirito guardiano.
Al mulino di S.Marcel si scoprì uno scheletro di un uomo molto grande che aveva vicino una bottiglia che aperta rivelò un vino squisito.
Il castello: Fu costruito nel 1030 dai monaci dell’ordine di S. Vittorio e ospitava una guarnigione di 150 uomini. Appartenne ad un amico del Tetrarca Philippe de Cabassole vescovo di Cavaillon.
Tetrarca, fu da queste parti che conobbe Laura. La teoria più diffusa afferma che essa era la moglie di Hugues de Sade da lui sposata nel 1325: madre di 11 bambini morta di peste nel 1348 a 40 anni. Petrarca possedeva qui una casa in riva a fiume e un piccolo giardino . Un giorno si dice fu lui che uccise il colubro e non S. Verano.
Poi il marchese de Sade nel 1779 in una lettera parla di essere ossessionato dalla figura di Laura, che gli appare in sogno e gli parla della vita eterna.
Sono queste le “chiare fresche dolci acque” del Petrarca
Si dice che dalla sorgente emanino delle forse che possono far sentire l’energia e il fascino di cose che hanno lasciato il segno nella storia.
Fabrizio Frosali
domenica 8 novembre 2009
Misteri della Provenza: le Tre Marie e Sara la Kali
La chiesa. Punto centrale della piccola città di Saintes Maries de la Mer ha più l’aspetto di una fortezza che di una chiesa propriamente detta. Le origini sono antichissime. In origine c'era una antica oppidum priscum, Ra- Priscum = antico Ra = Dio egiziano? No, dobbiamo qui vedere il suffisso di Sancta Maria de Ratis cioè “radeau” in francese cioè isolotto o barca a punta. Stabilito così che la chiesa risale al vi secolo D.C. dobbiamo accennare che si parla anche in questo luogo di antichi maestri forse in numero di tre che in epoca celto ligure erano venerati dagli abitanti. Il passaggio da Maitre a Maries è breve. E qui arriviamo alle tre Marie. Chi erano? In Italia noi non abbiamo un culto specifico della Maddalena ma questo è diciamo così, di casa in terra di Francia. Si racconta allora che nell’anno 48 D.C. Maria Maddalena con Maria Giacobè, la sorella della madre di Gesù, e Maria Salomè, la madre dei due apostoli Giacomo e Giovanni, accompagnate dalla serva Sara, Lazzaro il resuscitato, Marta e Maximino, fuggiti dalla Palestina, sbarcarono qui dopo un avventuroso viaggio in una barca senza vele e senza remi. Esse avevano portato con se le teste di Giacomo il maggiore e di tre altri innocenti martiri. Reminiscenza dei riti celtici delle teste tagliate? Comunque sia Maria Maddalena se ne andò e rimasero così nel luogo le due altre Marie. Fu fondato prima un oratorio e poi la chiesa odierna. In questa furono effettuati degli scavi nel 1448 per ordine del re René d’Anjou. La chiesa allora era divisa in tre parti. Una navata, una cappella allungata e un coro cui si accedeva solo dalla cappella. Gli scavi furono effettuati nel sottosuolo, si trovò un pozzo e una sorgente di acqua dolce (Sempre si trova dell’acqua in questi antichi santuari) poi fu trovata una testa grossa di uomo racchiusa in un (reliquario?) di piombo, ed infine una piccola grotta con un tumulo, ancora resti di un muro e una piccola colonna di pietra bianca, i resti evidenti del primo oratorio: là c’erano i resti di due corpi che emanavano un odore dolce. Si incominciò allora la venerazione. La grotta era quello che ora è la cripta. Il culto si è perpetuato fino a oggi, Il 25 Maggio e il 22 ottobre le casse e le effigi delle sante vengono riportate al mare e benedette (in una barca che diventa anche arca, che custodisce “arcani” segreti). La chiesa possiede un camino di ronda costruito nel xiv secolo la navata e il coro rientrato sono invece del xii e cosi la cappella superiore che sovrasta il coro ed è dedicata a S. Michele. Nell’abside corre una serie di arcatelle che sono paragonabili al chiostro dell’ala nord di Arles. Torniamo allora alle Marie; poiché la Maddalena se ne era andata e resterà fonte di una venerazione autonoma alla Sainte Baume, si dovette ricostruire la triade delle tre Marie. Ecco allora entrare in ballo Santa Sara, la loro serva, di cui però con gli scavi non si era trovata traccia. La chiesa ha sempre riservato un atteggiamento ambiguo di fronte a questa santa non canonizzata che puzza lievemente di zolfo. Essa è sempre dimorata li, in Camargue, altri attribuiscono una origine egiziana alla sua persona (Ra…) Secondo una tradizione lei aspettò, calmando le acque, l’arrivo delle sante , furono scoperte anche le sue reliquie nel 1496 e per gli zigani diventò Sara la Kali reminiscenza della dea Kali venerata in India da cui gli zigani dovrebbero aver origine. E' curioso notare che le immagini delle sante rimaste in loco, sono amputate della testa. Curioso perché avevano avuto tanta cura nel riportare in Francia le teste dei martiri…La statua di Sara che si trova nella cripta è composta di due parti, la testa, di plastica e non di legno è più piccola e il corpo è stato dipinto di nero (vergine nera) e da veramente una impressione strana, claustrofobica , entrare in quella cripta calda, opprimente con il fumo dei ceri accesi, e questa immagine, quasi luciferina. Torniamo ora a Maria Maddalena e a Lazzaro. Essi se ne erano andati a predicare dalle parti di Marsiglia. Si dice anzi che la barca delle tre Marie, molto più probabilmente , fosse attraccata inizialmente nell’ansa della Santa Croce a le Couronne, vicino Marsiglia . Sappiamo che Maria Maddalena andò a predicare alla Sainte Baume. Ai suoi ultimi giorni discese nella pianura e fu comunicata da S. Maximin poi morì. i corpi di Maddalena e di S. Maximin furono scoperti nel 1272 da Carlo II d’Anjou principe di Salerno. Dopo aver aperto alcuni sarcofagi tra cui quello di Maddalena, si volle andare più oltre. Fu scoperto un altro sarcofago da cui veniva un odore meraviglioso. Furono chiamati vescovi e alti prelati e si apri questa tomba, fu trovata una iscrizione in papiro che affermava che il corpo era stato sepolto qui in segreto nell’anno 710 per preservarlo dai saraceni. Carlo I , padre di Carlo II o di Salerno, che ancora regnava, fece adornare la testa della santa con una corona, che restò in loco sino al 1793 quando fu requisita da Barras. Carlo I fu poi fatto prigioniero in Sicilia nel 1282 e morì poi a 61 anni. Il principe di Salerno il futuro Carlo II, fu fatto prigioniero a sua volta e passò quattro anni in prigione in Aragona. Al suo ritorno al potere nel 1295 su beneplacito di Bonifacio VIII costruì la famosa basilica di s. Maximin.
Torniamo ora approfonditamente su Sara. Secondo alcune tradizioni zigane Sara la nera regnava già in Camargue quando la barca con le tre Marie approdò. Il nome stesso di Sara la Kali significa appunto La Nera o la Zigana. Ma gli zigani vennero in Provenza solo nel 1419 ed allora come spiegare questa tradizione e raccordarla con quella delle tre Marie? A meno che non si tratti di un’altra tradizione quella che collega un’altra Maria, Maria l’egiziana o Maria la nera che si festeggia lo stesso giorno di S. Zosimo. La leggenda che li lega narra di una anima che gli apparve , interamente nuda, di una peccatrice, che ebbe la sua redenzione pregando Maria. Zosimo chiese aiuto al cielo, che gli fece arrivare un leone che con i suoi artigli apri la tomba dando la pace all'anima inquieta. Ci si può domandare allora se queste credenze arcaiche non si siano mischiate in qualche modo con quelle degli zingari, e dobbiamo ancora ricordare lo strano rapporto di queste genti con l’oriente. In sanscrito infatti sara significa movimento e queste popolazioni si identificano proprio per il loro eterno movimento. Sara la kali , la nera era comunque una delle Madonne Nere , queste enigmatiche Madonne il cui culto sorse nel Medioevo e che creano ancora imbarazzo alla chiesa ortodossa . In genere le loro effigi si sono ritrovate per eventi miracolosi . Si spiegava la loro origine razionalmente con il fumo dei ceri o l’ossidazione ecc, cioè cause naturali ma invece molte erano intagliate volontariamente in legni neri e colorate deliberatamente. C’è da pensare allora che il loro culto sorpassi quello della madre di Dio e sia il retaggio di una devozione più antica legata alla fertilità alla gran madre Terra a quelle forze vivificatrici che tanto sentivano i nostri avi e li collegavano alle cavità interne della terra , alle caverne e alle effigi della Dea Madre.
Fabrizio Frosali
venerdì 6 novembre 2009
Misteri della Provenza: ARLES
ARLES -
Antica città romana, centro religioso del Medio Evo, conserva grandi resti del suo glorioso passato: i suoi monumenti più importanti sono senza dubbio le arene ed il teatro, gioielli dell'epoca romana, ed il portale e il chiostro della chiesa di S. Trophime...
Arles è posta proprio alla punta, all'inizio della Camargue, le sue origini sono molto antiche, d'altronde in tutta la Provenza si trovano, in cima a molte colline, resti d’oppidum, che risalgono ad un'epoca precedente alla colonizzazione romana. La città fu fondata dai celtoliguri, e poi colonizzata dai greci di Marsiglia nel sesto secolo prima di J. C. ma conobbe il suo sviluppo principale quando il console Mario fece collegare nel 104 a. C. il Rodano al golfo di Fos con un canale navigabile. E' inoltre un punto di passaggio,il più meridionale sulla strada che collega l'Italia alla Spagna, l'antica Via Domiziana.
Come dicevo, tra le cose più interessanti da vedere in Arles, fruibili anche con una comoda passeggiata nel centro, sono i resti romani, le arene ed il teatro. Particolarmente interessante è il teatro in quanto, costruito probabilmente alla fine del primo secolo dopo Cristo, fu trasformato in fortezza nel medio Evo. I resti medioevali e quelli romani si fondono armoniosamente. Dall'alto della torre che domina la porta d'ingresso si gode il panorama della città, delle Alpilles e della vicina abbazia di Montmajour alla periferia cittadina Vicinissime tra loro sono le cose più rimarcabili di Arles, ma noi siamo venuti a cercare qualcosa di strano e di diverso non è vero? Allora addentriamoci un poco in una visione un pò particolare di questa bella città.
La torre di Roland: non si tratta del paladino nipote di Carlomagno, ma dell'arcivescovo Rotland il personaggio da cui la torre ha preso il nome. Questa torre è invece l'unico resto della dominazione araba e fu fatta costruire da Abd al Rhaman. L'arcivescovo fu fatto prigioniero e restituito dietro pagamento di un enorme riscatto ma i saraceni non restituirono altro che il suo cadavere vestito sontuosamente con le sua mitra in capo.
ST. Trophime: il portale è tutto consacrato ai leoni. In basso troviamo Ercole ed il leone di Nemea, poi Daniele nella fossa dei leoni : va rimarcato che nella simbologia romana i leoni rappresentano i cristiani. Ci si stupisce allora degli episodi rappresentati
Anche il chiostro di S. Trophime è strano: troviamo la Tarasca, mostro serpentiforme, di casa in Provenza, con sei piedi e coda da rettile, poi un leone con la testa enorme che domina una donna nuda supina, una sirena con la coda tra le mai, un’altra donna nuda sopra un cane dalla coda di delfino, con due bambini con la testa in basso ecc
Ma chi era S.. Trophime? Secondo alcuni un discepolo di S. Paolo, secondo altri compagno di Gamaliele in tutti i casi fu colui che raccolse la testa di S. Etienne il primo martire cristiano, e la portò in Provenza, coincidenza vuole che sbarcò con Maria Maddalena, S.. Marta e s. Lazzaro. Venne in seguito a predicare a Arles.
Poema epico.
Arles, liberata dai mori da Carlo Martello nel 735, ha dato vita a un ciclo di Chansons de gestes ; Il poema des Alyscamps racconta della battaglia tra Guglielmo d’Orange e gli infedeli nella piana di Arles, e della morte di suo nipote Vivine simbolo del cavaliere cristiano; Carlomagno è l'eroe di diversi poemi tra cui "La vie de ST Honorat" e le" Kaiser chronik".
Quest’ultimo, secondo un manoscritto del 1373 che appartenne al marchese de Sade, dice che non si potevano dopo la battaglia distinguere i cadaveri dei maomettani da quelli dei cristiani: Dio fece allora apparire dei cerchi di pietre ben ordinati intorno a quelli dei cristiani. Si racconta che le anime dei saraceni insepolti vaghino ancora negli Alyscamps e che anche Rolando (Orlando) sia sepolto qui da qualche parte
Fabrizio Frosali
La croce di SAINT GILLES
LA CROCE DI SAINT GILLES
E’ detta anche Croce d’Occitania o croce di Linguadoca o croce di Tolosa, o croce di Forcalquier.
E’ il simbolo dell’occitania e pare che sia stata usata la prima volta nell’araldica dei conti di Forcalquier in Provenza, per poi diffondersi in altre regioni quali anche l’Auvergne e il Limousin: Può essere accompagnata da una stella a 7 punte, che segna il movimento provenzale dei Félibrige e consta normalmente di una croce gialla in campo rosso i cui bracci finiscono in tre punte sormontate da sfere. Ha braccia uguali come la famosa croix pattée dei templari. Apparve come detto la prima volta presso i conti di Forcalquier e poi sotto il regno di Raimondo V conte di Tolosa nel 1165
Nel 1950 Henri Rolland ha formulato l’ipotesi che la sua origine sia nella piccola cittadina di Venasque in Provenza dove tra l’altro esiste un battistero enigmatico che forse era già un tempio romano dedicato a Venere.
Invece secondo Roger Camboulives questo simbolo deriva dalla croce nestoriana utilizzata nel Turkestan e sarebbe arrivata in Provenza tramite i visigoti. Secondo lui le piccole sfere indicherebbero le dodici case dello zodiaco. Molte altre sono le teorie che fanno risalire l’origine della croce a luoghi fascinosi della Provenza, secondo significati più o meno esoterici: tra questi va citato almeno anche il paese di Ganagobie con i suoi strani affreschi .
Ma, come dico sempre, a forza di scavare su un fatto storico poco noto, si possono trovare fatti interessanti e generalmente antergare la nascita di una leggenda o di un simbolo.In proposito, indagando su questa croce ho trovato che lo storico Patrice Georges Rufino, nel suo bellissimo libro a grande formato “Clovis contre Alaric” riporta tra l’altro che la municipalità di Tolosa ha fatto erigere una immensa croce di bronzo di sedici metri del peso di venti tonnellate, incassata in un supporto di granito. Le origini della croce secondo Rufino sarebbero addirittura visigote in quanto l’ha rintracciata su uno dei rari pezzi monetari esistenti emessi verso il 580 nel nome di Ermenegildo, il figlio ribelle di Leovigild che si era arrogato il diritto di battere moneta. Il pezzo è d’oro e la croce è proprio quella. Si ritrova di nuovo in un pezzo emesso sotto il regno di Egica e questa è veramente strana, aggiungo io, in quanto è posta su una specie di piramide a gradoni, ed è sormontata da un’altra croce, questa volta pattée, il simbolo che poi diventerà dei templari. Un pezzo quindi che potrebbe far colare tanto inchiostro!
Fabrizio Frosali
Il retaggio dei catari
Quanto precede è stato pubblicato nel n. 5 di CRONOS
....limitandoci solo all’ambito cataro va detto prima di tutto che ciò che vediamo oggi, abbarbicate in una stretta fusione con la roccia, non sono le rovine che le agenzie turistiche reclamizzano come castelli catari, o almeno lo sono solo in minima parte. Infatti, alcuni di queste fortificazioni furono distrutte e la maggior parte delle restanti sono state rimaneggiate più volte in epoche successive, onde renderle adatte alle funzioni di difesa a cui dovevano adempiere col perfezionarsi dell’arte bellica. Basti guardare ad esempio Queribus: anche ad un esame sommario rivela chiaramente che la sua struttura non è quella di un maniero medievale, ma di una fortezza più tarda, atta a sostenere il tiro delle artiglierie e a sopportare cannoni sul tetto del mastio. Se infatti le guide archeologiche, di difficile lettura, già nei decenni passati accennavano al fatto che ben poco di cataro c’era nei castelli così impropriamente denominati, solo negli ultimi anni sono usciti libri di facile comprensione che sistematicamente riordinano la materia e specificano caso per caso quanto poco ancora rimane dell’epoca dell’eresia.
Un’altra opinione comune è che la crociata si limitasse ad investire la regione dell’Aude e che gli albigesi fossero diffusi solamente nel sud ovest della Francia: nulla di più errato. Il bogomilismo, identico al catarismo era diffuso anche in Bulgaria, Serbia, Bosnia ed Erzegovina e solo le invasioni turche dal 1463 al 1481 posero fine a questo catarismo balcanico.
Per tornare in occidente, l’area toccata dalla crociata si estende ad ovest sino a Lourdes, negli alti Pirenei, a Nord fino ai paesi di Monfort, Castelnaud e Beynac in Dordogna, e ad est tocca anche la Provenza, con Avignone Tarascona, Beaucaire, e Marsiglia, dove nel febbraio 1216 sbarcò Raimondo VI e suo figlio e da dove ebbe inizio la cosiddetta “riconquista dell’Occitania”.
Si vede dunque che, anche limitandosi alla sola Francia, gli albigesi erano diffusi in un territorio grandissimo e che il territorio che li concerne, non è solo quello che comprende l’Aude, l’Ariège e i Pirenei orientali, pur se dobbiamo ammettere che è lì che è ubicato il cuore storico del fenomeno
che ha lasciato un ricordo, una traccia indelebile negli abitanti del cosiddetto “Pays catare”.
Anche qui dobbiamo puntualizzare: il termine “paese cataro” non è solo una dicitura generica. Infatti, esso, oltre a descrivere geograficamente le zone d’estensione del catarismo, è anche un termine turistico, utilizzato dal dipartimento dell’Aude che si concentra specificatamente sulle Corbières , sede della maggior parte delle cittadelle reali impropriamente classificate, come già accennato, castelli catari. Il consiglio Generale dell’Aude nel 1991 ha depositato il marchio “Pays Catare” con lo scopo di valorizzare e preservare le ricchezze dell’Aude e promuovere le iniziative locali onde sostenere l’organizzazione turistica, passando dagli hotel ai ristoranti, le fattorie ecc. cioè una cosa ben diversa dallo spirito religioso dei veri catari!
Cerchiamo a questo punto di capire se gli abitanti delle regioni dove si manifestarono più rigorosamente i sentimenti religiosi che possiamo definire oggi, con parola non del tutto esatta, catari hanno conservato un sentimento d’ostilità nei confronti del resto della Francia e se ciò ha dato eventualmente vita in varie epoche a dei movimenti d’indipendentismo.
Come sempre avviene i sentimenti d’indipendenza, nascono e si sviluppano dapprima in campo letterario erudito.
Ma sarebbe vano pensare che i fondamenti della civiltà che esisteva prima della crociata, siano perdurati nel tempo, in maniera sotterranea. Già Nostradamus aveva criticato nel 1575 i trovatori in”Vie des plus anciens poétes provencaux” e li aveva collegati solo alla Provenza, escludendo quindi la regione catara per eccellenza, e questo non aveva suscitato particolari reazioni.
Ci vuole solo l”Histoire des Albigeois” di Napoleon Peyrat apparso nel 1871 per far nascere di nuovo un sentimento pro catari!
............. il seguito in Cronos!
Fabrizio Frosali
lunedì 2 novembre 2009
la morte di RICCARDO CUOR DI LEONE - mistery of Richard the Lionheart's tomb
LA MORTE DI Riccardo Cuor di Leone, che avvenne a Chalus nei dintorni di Limoges nell’anno 1199, è stranamente uno degli eventi pochissimo studiati nella storia. E’ vero che di per se è un fatto poco importante, la storia si sa, si occupa di ciò che è avvenuto, non di ciò che sarebbe potuto succedere, ma se si osserva l’episodio con una mente più aperta, si può concordare che l’episodio in questione potrebbe davvero segnare uno spartiacque tra il medioevo che conosciamo e un mondo in cui per nostra fortuna o sfortuna, non ci siamo addentrati. Se per un caso Riccardo fosse rimasto in vita tutta la nostra storia andrebbe riscritta. Ben se n’è accorto lo scrittore di fantasy Randall Garrett che ha ambientato i suoi romanzi su Lord Darcy, proprio in un mondo che è stato uguale al nostro sino al 1199 per poi divergere, in quanto Riccardo è sopravvissuto e la storia ha seguito un altro percorso.
Ma prima di soffermarci brevemente sugli eventi che seguirono la morte di Riccardo e che hanno segnato la strada che avrebbe seguito la storia del nostro occidente, analizziamo dettagliatamente cosa avvenne e cerchiamo di sfatare alcuni luoghi comuni: vi assicuro che le sorprese non mancheranno.
Chi era Riccardo I detto Cuor di Leone.
Spero ci sarà in futuro l’occasione di soffermarci su altri momenti della rimarchevole vita di questo personaggio. Come ha detto John Gillingham, uno dei suoi recenti biografi, Riccardo Plantageneto va considerato un uomo del suo tempo coi suoi pregi e difetti. Forse si sbaglia a considerarlo solo dal punto di vista dell’ideale cavalleresco, di cui è finito per diventare il simbolo. Questo elemento......
Se volete saperne di più procuratevi il n. 6 di CRONOS !
Fabrizio Frosali
ARKADI replica di ALAMO
La storia della battaglia di Alamo, che avvenne nel 1836 nel Texas, allora territorio messicano, è un episodio molto noto anche in Italia, sia per il gran successo di films come quello interpretato e diretto da John Wayne nel 1960, sia perché nella missione poi trasformata in fortezza, perirono personaggi notissimi allora in America, già divenuti leggende ancora in vita. Oggi sappiamo che non tutto oro è ciò che riluce nella vita di uomini come Davy Crockett, Jim Bowie o William Barrett Travis, ma l’episodio di Alamo, con la loro morte eroica, ha fatto sì che per la giovane nazione americana, bisognosa di eroi da venerare, il ricordo di come morirono sia tuttora fonte di innumerevoli saggi storici, fumetti, films e quant’altro.
Da piccolo ero appassionato delle gesta di Davy Crockett, che appariva in alcune serie di fumetti, editi da differenti case editrici e mi entusiasmai enormemente alle diverse trasposizioni cinematografiche che allora furono prodotte sugli “eroi” di Alamo.
Consideravo gli evolversi di quelli eventi come un fatto unico ed irripetibile: la missione religiosa che viene trasformata in un forte da un gruppo di patrioti che lottano per la libertà, l’assedio e l’assalto da parte di forze dell’esercito regolare enormemente preponderanti, la morte eroica dei difensori, fulgidi atti di eroismo da parte di individui particolari, ecc.
Tutto ciò mi entusiasmava da piccolo e la passione è cresciuta con l’età, e mi ha portato a documentarmi quanto più possibile sulla materia.
Poi, alcuni anni fa, mi accadde di sobbalzare sulla sedia allo scoprire che un fatto analogo a quello di Alamo, quasi l’effetto di una carta carbone, era avvenuto in un’altra parte del mondo, quasi con le stesse modalità...
Se volete saperne di più acquistate il numero 7 di CRONOS.
Fabrizio Frosali
martedì 13 ottobre 2009
KHARTOUM (the siege of Khartoum)
Esistono diverse versioni che raccontano la morte di Gordon. Una ci dice che morì difendendo le mura combattendo all’ultimo sangue. tra pile di arabi uccisi. La più romantica versione è quella che lo vede finire la sua ultima sigaretta e approssimarsi a scendere la scala principale della sua residenza con indosso un vestito bianco nuovo fiammante e un fez rosso. Uno dei generali del Mahdi lo trafigge con la lancia e gli spicca la testa dal busto. E’ la versione che troviamo in un famoso dipinto contemporaneo degli avvenimenti, di George William Joy ed è quella riportata dal film “Khartoum” del 1966 di Basil Dearden .
E’ più probabile invece, come riportò un prete austriaco sopravvissuto, che dopo aver minato il suo palazzo si sia diretto verso la chiesa della missione austriaca con i pochi soldati rimastigli. Prima di raggiungere la chiesa da una strada laterale emerse un nutrito gruppo di arabi che subito aprì il fuoco e Gordon cadde.
Comunque siano andate le cose sappiamo il seguito: mentre resta un mistero sulla sorte del corpo di Gordon, la sua testa spiccata dal busto fu portata dal Mahdi, e qui la vide Rudolf Anton von Slatin (Slatin Pasha) un avventuriero austriaco che era prigioniero. I dervisci, infatti, buttarono nella sua cella un involto sanguinolento con dentro la testa del Generale.
Si dice che il Mahdi fu contrariato dalla morte del suo avversario, perché sperava di prenderlo vivo per avere una potente arma con cui ricattare l’Inghilterra.
Però ordinò ugualmente che la testa di Gordon fosse infilata su una picca e fissata su un albero onde fungere da bersaglio per i suoi uomini che potevano mostrare il loro disprezzo gettando pietre e altre cose “mentre i falchi del deserto volavano lenti al di sopra”.
La fine delle operazioni
I quattro battelli mandati troppo tardi a salvare Gordon fecero marcia indietro; le loro vicissitudini sono degne di un romanzo. Tra incagli, affondamenti, lotte con gli arabi che li bersagliavano dalle rive, comunque la maggior parte degli uomini riuscirono a tornare al porto da cui erano partiti.
Che cosa era accaduto intanto dell’altra colonna, quella che doveva fare il percorso più lungo e risalire il Nilo partendo da una posizione più a valle? Il loro cammino attraverso le cateratte fu lento e nel frattempo Khartoum cadde, il 10 febbraio si trovarono di fronte un gruppo nemmeno tanto numeroso di Ansar. Nella battaglia di Kirbekan che ne seguì il generale Earle, capo della spedizione, fu ucciso. Poco tempo dopo raggiunsero il punto del Nilo, dove giaceva ancora lo scafo della nave Abbas naufragata e i resti dei cadaveri del colonnello Stewart coi suoi uomini.
Poi iniziò la ritirata, che fu compiuta anche dalla colonna del deserto, perché lo scopo della spedizione non era stato raggiunto. Le due colonne si congiunsero e riuscirono a tornare a Korti, da dove erano partite. Il Mahdi era ormai padrone di tutto il Sudan.
Ciò tuttavia non chiuse del tutto le operazioni perché vi furono altre due battaglie vicino alla costa, a Hashin e Tofrik. L’Inghilterra aveva perduto la faccia e la partita ma non dimenticò.
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Se volete saperne di più procuratevi il n.8 di CRONOS.
Fabrizio Frosali
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