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venerdì 24 dicembre 2010

Il drappo fatato di DUNVEGAN



A Natale, almeno per i bambini, si parla di fate, ed allora non sarà male per noi adulti sognare al pensare che un drappo fatato, cioè intessuto dalle fate, esiste davvero. Questo è il terzo oggetto gelosamente custodito nel castello di Dunvegan, in Scozia ed il più importante dopo il corno dell'unicorno e la coppa di sir Rory Mohr di cui ho già parlato.

Si dice dunque che forse il drappo fatato era un dono dei cavalieri templari, ma molto più probabilmente sono state le fate a farne dono al Clan Mac Leod. Il drappo, o bandiera, garantirebbe la vittoria sulle condizioni avverse in tre occasioni ed effettivamente è stato dispiegato già due volte. La prima volta dall'appartenente del clan fidanzato della fata: egli non le fu fedele, e lei per ritorsione maledì le donne dei Mac Leod che da allora dettero vita a bambini morti. Mac Leod però si ricordò della bandiera e dispiegandola ottenne che la maledizione fosse tolta. In seguito avvenne una terribile battaglia e di nuovò la bandiera garantì la vittoria. Adesso il drappo viene conservato gelosamente in attesa di una eventualmente grandissima calamità, in modo da poterlo usare proficuamente.

Riporto qui una bella poesia di Walter Scott sulla “bandiera dello stregone”:

“MacLeod's wizard flag from the gray castle sallies,
The rowers are seated,
Unmoored are the galleys. “

La prima occasione dell'uso della bandiera, in una versione sdolcinata, ci dice che fu adoperata per ritrovare un ragazzo che si era perso. Ma la bandiera ha anche altri poteri magici, può tra l'altro moltiplicare le forze in campo di un clan (Moltiplicazione dei pani e dei pesci?) curare i feriti (come il Graal?) curare la fertilità delle donne e degli animali (come alcune pietre erette preistoriche) e anche portare le aringhe al lago di Dunvegan!!!

Sembra anche che abbia estinto un incendio al castello e protetto alcuni appartenenti del clan durante la seconda guerra mondiale.

Ma che cos'è la fairy flag? E' un piccolo oggetto, di color giallastro circa 45 cm, molto fragile con delle figure e dei punti di color rosso . Vi erano anche delle piccole croci, ma sono sparite misteriosamente .

Vi sono moltissime versioni di come la bandiera fu usata e ve ne risparmio, altrimenti dovrei scrivere un libro. Secondo Thomas Pennant, che ne scrisse nel 1772 comunque la bandiera E' GIA' STATA USATA TRE VOLTE, l'ultima per salvargli la vita.

Vi assicuro comunque che leggere tutte le varie versioni e leggende che si imperniano su questo drappo sgualcito è davvero un'esperienza che ci riporta agli anni della fanciullezza: il pensare anche solo nella fantasia che possa esistere nel nostro mondo qualcosa che arriva dalla dimensione intangibile delle fate, regalataci da Titania in persona, la moglie di Oberon il re dei folletti, è qualcosa che risveglia un senso atavico assopito dentro di noi.

BUON NATALE A TUTTI!!!

Fabrizio Frosali

mercoledì 15 dicembre 2010

La mistica coppa di DUNVEGAN



Il secondo strano oggetto (dopo il corno dell'unicorno di cui ho già parlato)che si può ammirare al castello di Dunvegan è questa coppa. Questa è di legno, con decorazioni di argento e risale alla fine del 1400, è quadrata e sta su 4 piedi. Fu esaminata tra gli altri da Walter Scott che la misurò (27 cm di altezza x 24,8 di profondità). Pare che fu costruita su richiesta di Caitriona, la moglie di John Maguire, ma è più probabile che sia pervenuta nelle possessioni del clan MacLeod nel sedicesimo secolo. A cosa venisse destinata la coppa non è noto. C'è un'altra coppa in Inghilterra, che ha proprietà strane, simili a quelle attribuite al Graal, ed è la coppa di NANTEOS, di cui vi parlerò, ma prima dovrò trattare il drappo fatato di Dunvegan e la pietra Chintamani.
A presto!
Fabrizio

martedì 23 novembre 2010

IL CORNO DELL'UNICORNO



Non c'è solo Kornis Castle in Romania a vantare legami con esseri mitici come gli unicorni. C'è ad esempio un altro castello, che si trova in Scozia, a possedere addirittura uno dei corni di questo animale. Non solo, questo maniero, il cui nome non dirò ora, è la residenza di uno dei più noti clan scozzesi, e possiede altri due oggetti, forse magici, e quantomeno strani. Uno è addirittura un drappo che si dice intessuto dalle fate e che dà la vittoria se dispiegato in battaglia, ma solo per tre volte, l'altro è invece una misteriosa coppa. Addentrandomi nelle leggende e in ciò che di storico si può oggi desumere dai testi che trattano l'argomento, mi sono imbattuto in innumerevoli notizie, molte volte contradditorie, tanto che ci sarebbe da scrivere un libro su questi tre oggetti,(ed è stato già fatto da altri) per cui non si può liquidare la materia con un semplice spot su un blog, da leggersi in un fiato. Spezzerò allora la narrazione in tre parti e mi occuperò adesso del solo corno, tralasciando il castello, che tra l'altro ha anche dei fantasmi, e gli altri due oggetti.
Dunque il corno in questione, che dalla parte aperta, ha incisi 7 medaglioni, di cui 4 con animali, pare abbia la sua origine nel 10 secolo,(altri posticipano al 16°) ed era usato per bere dai capi del clan MacLeod (ormai l'ho detto) che dovevano vuotarlo tutto di un fiato per provare la loro mascolinità.
Viene comunemente chiamato "il corno di Sir Rory Mor "dal nome del 15° capoclan dei Mac Leod.
A parte la leggenda dell'unicorno, non ben specificata, ve ne sono altre due legate a "corna".
La prima racconta del terzo capoclan, Malcom, che una notte incontrò in un bosco un toro che terrorizzava la popolazione. Armato solo di un pugnale lo scozzese uccise la bestia( si racconta di nuovo una delle fatiche di Ercole?) e questo atto di valore gli valse l'amore della moglie del capoclan dei Fraser che lasciò il marito, innescando così un feudo che durò diversi anni. Un corno del toro era stato mozzato e portato al castello divenne col tempo l'oggetto usato dai capiclan come detto sopra.( Non era un unicorno dunque!).
Un'altra leggenda lega i Mac Leod ad un corno (non lo stesso di prima). Pare dunque che nel 1500 Thormod, 12° capo recandosi in visita ad Argyll, del clan Campbell al castello di Inverary, scoprì che un uomo del suo clan, riconosciuto colpevole di vari delitti, era stato condannato ad essere maciullato da un toro. Per farla breve, dopo aver tentato di salvarlo, alla fine scese lui stesso nell'arena e con un solo pugnale, uccise l'animale.
E' per questo che lo stemma dei macLeod mostra la testa di un toro!
Il castello dove si trovano gli oggetti è Dunvegan!

domenica 14 novembre 2010

storie e leggende della Russia-la città perduta di Kitezh




IL LAGO SVETLOYAR E LA CITTA' FANTASMA
Pare sia ormai accertato che l'origine del lago Svetloyar sia dovuta all'impatto di un meteorite. Indagini dei sedimenti, che hanno rilevato un alto contenuto di pomice, lo confermerebbero. Il lago è piccolo, ha una forma circolare circa 450 m. x 350, con una profondità di 30 metri, ha cioè la forma di un piatto o disco (volante?), ma malgrado le sue piccole dimensioni porta con sé molti misteri. Intanto le sue acque sono curative, e torme di pellegrini si riversano ogni anno sulle sue rive alla ricerca di una cura, c'è poi una devozione speciale per la madre di Dio che ha lasciato qui la sua impronta.
Ma la storia più bella è quella che si racconta intorno alla perduta, fantastica, forse immaginaria città di Kitezh. Questa pare dorma il suo sonno nelle acque del lago, sprofondata qui per sfuggire ad un'invasione di tartari. E' curioso che, malgrado il contesto sia leggendario, l'invasione tartara in questione sia localizzata nel tempo ad una data ben precisa, il 1238. La città era introvabile già allora, ma gli invasori, grazie all'aiuto di un traditore, riuscirono finalmente a localizzarla. Per sfuggire ai tartari il principe e il popolo si misero a pregare ferventemente e Dio li aiutò perche i nemici, in vista della città, la videro sprofondare nel lago. Saltuariamente, si racconta, le campane sommerse, fanno ancora udire la loro voce.
Questa leggenda ricorda altre forse più note a noi occidentali, le citta perdute di Js, al largo della Bretagna, o Lyonesse, ad ovest della Cornovaglia, per citare le prime che mi vengono in mente.
Ogni grande nazione che si affaccia sul mare ha le sue città perdute negli abissi, e questo senza neanche scomodare Atlantide.
Kitezh per i russi è divenuta il simbolo della purezza, della tenacia e dell'invincibilità.
E' però anche un'opera di Rimsky Korsakov che si appassionò al tema, è inoltre un'asteroide della fascia principale ed anche una rete di beneficienza che cerca di dare una famiglia a bambini orfani.
Non poco per una piccola parola come KITEZH!!!

f.f.

sabato 13 novembre 2010

Il velo di Santa Anna


Questo post è il seguito ideale del precedente: "APT- la cripta sotto la cripta"

Una delle reliquie più strane della cattedrale di Apt è quella chiamata "Il velo di santa Anna". Si tratta di un tessuto di lino che oggi è sotto vetro . Sembra sia stato fatto a Damietta tra il 1094 e il 1100 sotto il regno del califfo Mustali. Questa reliquia è stata posta sulla tomba di santa Anna dal crociato Rambaud de Simiane, di ritorno dalla prima crociata. Sbagliano quindi coloro che la reputano un resto dei vestiti della santa.
Si può rimarcare che sono ritratte figure umane, fatto del tutto insolito nella tradizione araba.


venerdì 12 novembre 2010

storie e leggende della Transilvania -KORNIS CASTLE IL CASTELLO DELL'UNICORNO




Vicino al villaggio di Manastiirea si possono osservare le rovine del Castelul Kornis che fu costruito a
partire dal 1573 ed è legato ad una curiosa leggenda.
Sembra che un unicorno si aggirasse nelle vicinanze del villaggio, disturbando particolarmente i monaci di un monastero benedettino. Uno dei membri della famiglia Kornis, per accontentarli, attese al varco nella boscaglia l'unicorno e con un colpo della sua daga riuscì a decapitarlo. Il blasone della famiglia Kornis che si può osservare su alcuni scudi in pietra nelle rovine del castello, porta tuttora inciso un unicorno con una freccia che gli esce dalla bocca aperta.
E' chiaro il riferimento alla estirpazione delle vecchie credenze per opera della nuova religione.
Di questo castello si dice anche che l'imperatrice Maria Teresa venisse segretamente qui ad incontrare un giovane ufficiale di cui si era invaghita.
Si dice anche che nel 1905 alcuni operai italiani che lavoravano al castello, non riuscendo nel loro lavoro, sacrificarono un ragazzo ritardato murandolo in una diga, che funziona tuttora.
E' di questi giorni la notizia che mi giunge dalla Romania. Pare che la figlia di Kornis abbia rivendicato il castello che ristrutturato dovrebbe diventare una struttura turistica. C'è da augurarselo!

lunedì 1 novembre 2010

L'occhio del SAHARA



Spettacolare vero? Queste immagini si riferiscono ad a struttura che si trova in Mauritania dal diametro di una cinquantina di km. Sembra si tratti di un fenomeno di erosione e che non sia stata provocata dalla caduta di un meteorite, ma nessuno sa spiegarsi il perchè della forma circolare. E' talmente grande che si può vedere dallo spazio ed è cosi' che è stata scoperta e questo la dice lunga sui tanti Soloni che vogliono il nostro pianeta ormai tutto scoperto, mappato e decodificato!
P.S. Se volete sapere qualcosa di più, cercate "Richat structure"

domenica 31 ottobre 2010

Il tesoro perduto di VICTORIO




Nel Nuovo Messico, al centro di un lago desertico prosciugato, si trova una collina alta poche centinaia di metri che porta il nome di un famigerato capo Apache: “Victorio Peak”. Questo perché una delle più famose leggende del west è proprio quella del favoleggiato tesoro del pellerossa, quello che lui avrebbe accumulato in tanti anni di scorrerie. Le vicissitudini dei suoi presunti scopritori sono degne di un romanzo… Nel novembre 1937 un certo Doc Noss e sua moglie, Babe Beckworth si trovavano a caccia di daini nei pressi del Victorio Peak. Pioveva e Noss notò una pietra che sembrava lavorata; incuriositosi e scavando intorno ad essa fu scoperto una specie di pozzo che scendeva dentro la montagna. Tornato il giorno dopo l’uomo scoprì in fondo alla cavità una piccola stanza, con dei disegni fatti sicuramente da indiani, ed un corridoio che discendeva. Questo finiva in una caverna dove si aprivano sette stanze e, nell’oscurità, Noss presto scoprì che non era solo: prima uno, poi due, poi non meno di ventisette scheletri apparvero davanti a lui tutti di persone apparentemente legate e lasciate lì a morire, e poi… il tesoro! Consisteva di monete, artefatti, gioielli, e addirittura una statua d’oro della vergine! Ma questo era niente. Vi erano, infatti, anche migliaia di barre di più di 10 kg l’una che all’apparenza sembravano di ferro, ma poi, alla luce del sole, grattate dalla sporcizia rivelarono la loro consistenza: oro! Doc e Babe vissero per tre mesi tirando fuori della montagna quello che potevano, un pochino alla volta, ma l’uomo non si fidava neppure della moglie e si mise a nascondere nel deserto, qua e là, porzioni importanti della sua scoperta. Nel 1938 i due coniugi riuscirono ad assicurarsi la legalità di ciò che avevano trovato, richiedendo vari appezzamenti di terra in concessione intorno al monte, poi nel 1939 fu commesso un errore: fu assoldato un ingegnere minerario per far saltare con la dinamite il pozzo, per impadronirsi meglio del tesoro, ma la carica fu eccessiva, la cavità franò e Noss rimase solo con la parte del tesoro che aveva nascosto in vari posti nel deserto. Questo alla lunga portò ad un divorzio con la moglie, ma lui cercò negli anni successivi con vari mezzi, di riuscire a ritrovare il “suo” tesoro finché nel 1949 si mise in società con un certo Charles Ryan. In seguito ad un diverbio fra i due, Ryan uccise Noss e furono così persi tutti i segreti che il cercatore custodiva nella sua testa.

Passò ancora del tempo e Babe Noss continuò saltuariamente ad assoldare personale per riaprire il pozzo, ma nel 1955 la base missilistica di White Sands ampliò il suo territorio fino a comprendere tutto l’Hembrillo Basin e la Montagna di Victorio. Vi furono diverse battaglie legali e ci si mise di mezzo anche lo stato, che ufficialmente reclamò la proprietà del territorio, sebbene un certo Roy Henderson affermasse di esser lui il proprietario e di averlo affittato all’esercito. Comunque sia, due aviatori della vicina base aerea, Thomas Berlett e Leonard Fiege riuscirono a trovare un’altra entrata al tesoro da un’apertura laterale e rinvennero un centinaio di grosse barre d’oro ancora più pesanti di quelle di Noss. Essi tentarono di protegger quello che avevano trovato, ma l’esercito non la prese bene e vi furono le consuete battaglie legali. Fiege non riuscì più a trovare la sua entrata, che aveva dinamitato per non farla scoprire, e a quel punto le forze dell’esercito cominciarono le operazioni su larga scala. Degli uomini assoldati da Babe Noss riuscirono ad entrare nel territorio recintato e testimoniarono di aver visto uomini dell’esercito e Jeep al lavoro sulla montagna. Nel dicembre 1961 le operazioni furono chiuse. Ancora nel 1963 e nel 1972 dei gruppi, tra cui era ancora l’intrepida Babe Noss, ottennero i diritti per scavare la montagna, ma nulla fu trovato... Babe morì nel 1979. Uno dei suoi figli conobbe in seguito un capitano dell’esercito che gli rivelò che a suo tempo l’oro era stato recuperato e portato a fort Knox.

Infine nel 1989 uno speciale atto del congresso rilasciò dei permessi di scavo agli eredi Noss, ma di nuovo senza alcun esito.

Si ritiene che il tesoro ci fosse, esistono foto che lo provano e le foto aeree della Victorio Peak, viste a distanza di anni, mostrano che è stato fatto un lavoro intensivo.

Per quanto esistano varie teorie sulla provenienza del tesoro ( Alcuni pensano si tratti del tesoro di Don Juan de Onate, il fondatore del Nuovo Messico come colonia spagnola, altri invece che si trattasse di quello perduto di Massimiliano), la presenza degli scheletri incatenati, fa propendere proprio per le ricchezze accumulate dal capo Apache.

(La statua di Victorio si trova nella piazza centrale di Cihuahua, Messico, nella regione dove Victorio fu ucciso)


FABRIZIO FROSALI

(L'articolo, lievemente modificato e più ampio includente particolari sull'ultima battaglia di Victorio, fa parte integrante del fascicolo a fumetti dedicato alle ultime ore del capo apache, disegnato da Frank Frazetta)



domenica 24 ottobre 2010

APT- La cripta sotto la cripta!




MISTERI DELLA PROVENZA: APT
Normalmente quando si discende in un cripta di una chiesa avvertiamo una sensazione strana, forse la consapevolezza di addentrarci in un mondo che in fin del conto non è il nostro abituale, in un ritorno al grembo della terra da cui a fatica ne siamo usciti. C'è sempre questa sensazione che è la stessa che si prova quando si visita magari una caverna con le stalattiti.
Ma una cripta sotto una cripta? Questo è quello che si può trovare ad Apt nella sua cattedrale ed è qui che secondo la tradizione furono trovate le spoglie di Santa Anna, la madre di Maria.
Addirittura nel 776 alla presenza di Carlomagno che consacrava una piccola cappella edificata sui resti di un antico tempio pagano, un giovane ceco sordo e muto, che era figlio del barone di Caseneuve, si mise ad agitarsi e a grattare la terra, fece insomma comprendere che si doveva scavare.. .
Si ritrovò una cappella ignorata che fu riconosciuta come l'oratorio di San Auspizio, ma presto, sotto di questa, fu scoperta una seconda cripta dove una lampada bruciava ancora! Il ceco ritrovò la vista e la parola e nella cripta si ritrovarono le reliquie con una scritta che diceva che le ossa erano quelle di Anna, madre di Maria. A conferma, un odore soave piacevolissimo permeava il tutto.
La cattedrale attuale fu iniziate su queste due cappelle, che ora sono le due cripte, nel 1056 . Attualmente la cattedrale contiene anche altre reliquie strane di cui però vi parlerò in un'altra pagina.
Vi offro qui delle foto delle due cripte, fatte nel corso della mia recente visita al luogo. In quella inferiore, dove fu trovato il corpo di Santa Anna, adesso vi sono lapidi romane ed il cippo dove si dice furono scoperte le reliquie. L'iniziato può inoltre trovare sculture di vigne stilizzate in un motivo elicoidale...
Fabrizio Frosali

sabato 23 ottobre 2010

VOYAGER, GIACOBBO E MISTIFICAZIONI


Scusate lo sfogo, ma lo scrivere di certe cose mi fa solo bene. Stamani ero in libreria, a visitare il settore dove solitamente mettono i libri di archeologia misteriosa, misteri storici, ecc. Il mercato è sempre più asfittico, vengono dette sempre e solo le solite cose e non si capisce davvero perchè uno un pò addentro nella materia dovrebbe comprare i libri che circolano.
Comunque sia ad un certo momento mi è balzata all'occhio una serie di volumi, dalla copertina accattivante fotografica, incentrati alcuni su argomenti misteriosi dei quali ho una discreta conoscenza.
La casa editrice è la Giunti e su tutti i volumi della serie compare la fotografia di Roberto Giacobbo, indubbiamente con la speranza di attirare lo spettatore della sua trasmissione Voyager. Infatti la collana si chiama "Atlanti di Voyager".
Ho preso in mano quello dedicato a Dracula, "Viaggio in Transilvania" e dopo aver letto qualcosa mi sono allontanato disgustato: la ragione è che nella parte dedicata al "castello di Dracula" si fa ancora una volta riferimento a Bran, il più bello della Romania, quello sponsorizzato dalle agenzie turistiche come l'unico e il solo maniero teatro delle nefandezze del voivoda Vlad (ma dovrei dire "conte" vero?)!!!
Eppure tutti gli storici seri sanno che non è così. Al massimo Vlad Dracula avrà dormito una volta al castello e forse nemmeno quella:è su tutti i libri di storia che trattano l'argomento.
A casa ho voluto approfondire sull'autrice e ho scoperto che è Alessandra Bisceglia, una giornalista morta prematuramente a 28 anni per una rara malattia.
Non voglio qui parlar male della defunta autrice,(chissà magari il testo è stato "editato" a sua insaputa, pratica comunissima di cui anche io ho fatto le spese a suo tempo,) ma vorrei qui far presente una volta di più, dal mio piccolissimo angolo, come la realtà sia ancora una volta manipolata per ragioni che, come al solito sono economiche, allo scopo di stravolgere gli avvenimenti e di far si che col tempo diventi storia quello che storia non è, cioè il desiderio che le cose magari fossero andate in un certo modo perche così avrebbe fatto comodo a tutti: il turismo ne risulterebbe incrementato, e anche l'autore (o chi per lui ha editato il testo) ne avrebbe un riscontro in termini economici o di fama.
Col tempo, non ne dubitiamo, altri libri pseudostorici ripeteranno l'informazione che così ne risulterà confermata. Diamine, anche Giacobbo è d'accordo!
Il risultato comunque Roberto Giacobbo l'ha già raggiunto, , ridendo dalla copertina alla faccia dei gonzi che acquistano la sua serie!!!!
ALLEGO ANCORA UNA VOLTA UNA FOTO DEL VERO CASTELLO DI VLAD.
QUELLO CHE COMPARE SUL LIBRO DELLA GIUNTI E DI GIACOBBO E' BRAN E NON HA NULLA A CHE VEDERE CON DRACULA!

martedì 19 ottobre 2010

SAUMANE il castello dello zio di DE SADE!



Saumane è un altro castello che appartenne alla famiglia De Sade. Prima del famoso marchese, appartenne all'abate suo zio che è ricordato principalmente per un'opera che scrisse sulla vita di Francesco Petrarca. Il famoso marchese passò gli anni della sua giovinezza a Saumane e si racconta che passasse molte ore del suo tempo nei labirintici sotterranei del castello, affascinato dal silenzio e dal mistero.

Quando fu rinchiuso nella prigione di Vincennes portò con se il libro dello zio sul Petrarca.
Questo castello si trova a poca distanza dall'altro più famoso di LACOSTE,(vedi altro post), anche questo è privato, ma dall'esterno si possono agevolmente fare delle foto che hanno un certo fascino lugubre. Vi offro qui alcune della mia ultima gita in loco.
Fabrizio Frosali

mercoledì 6 ottobre 2010

LACOSTE- Il castello di DE SADE



Vi offro qui delle foto provenienti da una mia recente visita al castello di DE SADE in Provenza. Il castello era in rovina, ma il proprietario attuale lo sta restaurando a caro prezzo.

De Sade era ricco e aveva diversi manieri. Si rifugiò a Lacoste dopo uno scandalo che era divenuto di dominio pubblico: nel 1768 aveva abbordato una mendicante e l'aveva praticamente sequestrata in una piccola casa di Arcueil. La poveretta era riuscita a fuggire e aveva svelato le attività del marchese.
Nel 1772 egli inoltre riunì quattro prostitute in una camera a Marsiglia, aiutato dal proprio valletto, e dopo averne abusato, le aveva drogate fino a farle star male.
Il processo che ne seguì lo portò in carcere a Miolans, da cui riuscì ad evadere passò poi sedici mesi rinchiuso a Vincennes. Fu rinchiuso infine alla Bastiglia per cinque anni.
Dalle foto qui esposte potrete osservare un busto del "divino marchese".
E' senz'altro un'opera di fantasia, perchè non esistono, che io sappia, ritratti che lo effigiano!
Fabrizio Frosali


giovedì 16 settembre 2010

STORIE E LEGGENDE DELLA TRANSILVANIA- I monaci alchimisti di Vintu de Jos



A Vintu de Jos c'era una volta un monastero dominicano. Nel 14esimo secolo questo era abitato da monaci versati nell'arte dell'alchimia, nonostante questa pseudoscienza fosse vietata dalle leggi e dalla chiesa. I monaci vestivano pastrani bianchi con delle enormi croci e pesanti catene d'argento e questo intimoriva gli abitanti che non li denunciavano. La leggenda dice che riuscirono a scoprire il mezzo per fabbricare l'oro e la ricerca archeologica in un certo qual modo conferma il fatto. Tra le altre cose e' stato infatti scoperto un braccialetto d'oro che mostra un animale favoloso a quattro zampe, col collo di serpente e un muso di uccello nell'atto di emettere fuoco dal becco. Intorno a questo vi sono segni cabalistici, il sole e la luna.
Le immagini che vedete mostrano le rovine del castello Martinuzzi che si trova appunto a Vintu de Jos ed un ritratto del cardinale dallo stesso nome che fu ucciso nel castello nel 1551 dagli uomini del generale Giambattista Castaldo, al soldo dell'imperatore Ferdinando di Asburgo, sotto l'accusa di aver stretto una segreta alleanza con i turchi.

STORIE E LEGGENDE DELLA TRANSILVANIA- DABACA la fortezza dei giganti





Attraverso varie campagnie di scavo durate decenni e' stata messa in luce questa enorme fortificazione risalente all'ottavo secolo. Il sito si estende per 5 ettari ed era protetto da dighe difensive e palizzate. E' stato accertato che la fortezza fu distrutta a seguito dell'invasione mongola del 1241 e piu' tardi parzialmente ricostruita. Le mura sono larghe da 2,30 a 4 metri e raggiungono un'altezza di 3, 4 metri.
Antiche leggende dicono che una volta la fortezza era abitata da giganti che ci portavano sacchi di sale e ci passavano la notte per paura di essere uccisi dagli abitanti dei villaggi vicini.
Come tutte le leggende anche questa ha un fondo di verita' perche' Dabaca faceva parte del sistema di fortezze che controllavano il commercio del sale e fu conquistata verso il 1200 dalla etnia Peceneg, i cui cavalieri venivano soprannominati "giganti".

STORIE E LEGGENDE DELLA TRANSILVANIA- CHEILE TURZII e NICHITA BALICA




Alla continua ricerca di storie strane e misteriose, nelle vicinanze di Cluj Napoca dove al momento mi trovo, mi sono imbattuto in questi giorni nella storia strana e fosca di Nichita Balica che era un rivoltoso nei primi anni del diciottesimo secolo. Veniva da Petrestii de Jos, si arruolo' sotto Francisc Rakoczi II e presto arrivo' a comandare un reggimento. Egli fortifico' due grotte chiamate Cetateaua Mare e Cetateaua Mica nella gola di Cheile Turzii, da cui lanciava devastanti attacchi contro l'armata imperiale. Sconfitto dagli austriaci, resiste' comunque nelle due grotte anche dopo la cessazione delle ostilita' per un anno intero. Alla fine fu arrestato nel 1712 e gli fu data una esemplare punizione, tipica per questi luoghi: fu impalato e il suo corpo mostrato pubblicamente alla intersezione della strada che si biforca e porta alle due grotte.
Queste esistono ancora benche' di difficile accesso, in un luogo splendido e selvaggio. Malgrado la piu' grande misurasse solo m. 40 x 30 poteva ospitare al bisogno centinaia di persone.
L'illustrazione del fortilizio qui mostrato, e' invece un'opera piu' recente benche' riporti il nome e la leggenza di Balica.
Fabrizio Frosali

giovedì 2 settembre 2010

ROYSTON CAVE, caverna dei templari





Uno dei luoghi più misteriosi collegati al fantomatico ordine dei Templari, è Royston Cave. Questa caverna fu scoperta accidentalmente nel 1742. Sopra a dove è attualmente la caverna, si teneva un mercato, e, nello scavare un buco per piantarci qualcosa, fu scoperto una specie di pozzo che in basso si allargava, con la struttura pressapoco di una bottiglia. Si calò per primo un ragazzo e così fu scoperta questa caverna CHE NELL'INTERNO ERA TUTTA ISTORIATA DA INCISIONI MEDIEVALI. Nessuno sa quando queste incisioni sono state fatte e perchè, ma vi sono simboli che le fanno risalire ai templari, come i due cavalieri su un solo cavallo. Vi è anche una sheela na gig, quella strana figura femminile che si manipola l'organo sessuale opportunamente allargato, simbolo tra l'altro di fertilità, e poi Dei pagani e Dei cristiani. Attualmente si accede alla caverna, che ora giace sotto una strada, da un portone laterale, che da in una galleria sotterranea artificiale che permette di scendere nella cavità istoriata a forma di bottiglia. (In una immagine i due cavalieri sul solo cavallo).
Fabrizio Frosali

lunedì 12 luglio 2010

Il castello maledetto di HERM



In Aquitania si drizzano le ormai semidistrutte spoglie del castello di Herm, vicino alla cittadina di Rouffignac.
E' soprannominato il castello maledetto per diverse tragedie che qui avvennero. La prima fu la morte misteriosa del figlio di Jean III de Calvimont, ambasciatore di Francia e presidente del parlamento di Bordeuax.
I fatti che si ricordano di più riguardano due donne, la prima Anne d'Abzac, vedova del castellano, che voleva assicurarsi l'eredità a discapito della figlia Margherita, e la seconda Marie de Hautefort che sposò il genero di Anna, dopo che costui assassinò la povera Margherita, su istigazione della suocera. Chi la spuntò fu Marie de Hautefort, che comunque vide morire anche il proprio figlio nel corso della faida. Il castello, considerato maledetto sin dal XVIII secolo, è stato abbandonato e nessuno ormai più lo frequenta
 Poscritto: in luglio 2013 ho visitato il castello e parlato con la proprietaria. Il castello è in vendita ma nessuno per ora si è offerto di comprarlo. Situato fuori mano, riceve poche visite anche di studiosi sulla sua storia. E' peraltro il teatro dell'azione di un romanzo celebre francese, Jacquou le croquant, su cui sono stati fatti un paio di film e dei fumetti. Ho chiesto perchè non viene pubblicizzato di più negli uffici di turismo, che normalmente funzionano bene in Francia , ma mi è stato risposto che per farlo c'è bisogno di pagare almeno 2.500 euro. una cifra che difficilmente uno può ricavare dai pochi bliglietti per l'accesso.. Il castello si avvia quindi ad un'inesorabile declino.

sabato 10 luglio 2010

Mathilde la dama bianca di Mortemer




Mortemer è un'abbazia i cui resti si trovano ai bordi di uno stagno nel centro della foresta di Lyons nella valle di Fouillebroc in Normandia. oltre alle rovine piuttosto spettrali dell'abbazia qui c'è la possibilità di incontrare il fantasma di Mathilde, soprannominata la Dama Bianca . Essa era la nipote di Guglielmo il conquistatore e sposò Geoffrey Plantageneto duca di Anjou. Dalla loro unione nacque Enrico II che a sua volta darà i natali a Riccardo I Cuor di Leone. Fu isolata qui "emmurée" da suo padre che le voleva far espiare la sua vita dissoluta. Per incontrare lo spettro di Mathilde è consigliabile venire all'abbazia nelle notti di agosto, quando c'è la luna piena... L'abbazia è stata esorcizzata nel 1921 ma le frequentazioni soprannaturali sono continuate. Durante la prima guerra mondiale degli ufficiali inglesi incontrarono quattro ombre di monaci rivestiti di lunghi pastrani... Questi erano senza Mathilde, ma oggi si possono vedere di frequente seguire l'ombra della "imperatrice", come lei viene affettuosamente soprannominata.
Nel post trovate una foto di un presunto spettro di Mortemer, forse Mathilde stessa.

domenica 20 giugno 2010

IL CASTELLO FANTASMA



Non solo i castelli hanno i fantasmi ma ce ne è uno che è un fantasma lui stesso!
Chi si può fregiare di questo titolo è il castello di Ussel che si trova in val d'Aosta.
Questa costruzione scompare alla vista nelle ore più calde del giorno, quando i contrasti di colore diminuiscono, nella foschia che proviene dal fiume, e i colori del maniero si confondono con quelli della roccia dietrostante.
Per rivedere il castello si deve attendere la sera o la mattina del giorno dopo, perchè si crei un contrasto di colori.
Ecco qui alcune foto di quando il castello è visibile....

L'ARCA di NOE' nelle ALPI


Pare che ogni catena montuosa si sia voluta assicurare l'onore di aver avuto il transito o l'attracco dell'Arca di Noè. Le Alpi non fanno eccezione. Vicino a Como, non lontano da Bolsanigo c'è un monte, chiamato SASSO MANDUINO che ha, come nel precedente post dedicato all'ARCA dei Pirenei, degli strani anelli di ferro che sarebbero serviti per ancorarla.
Ma questa tradizione ha forse più credito di quella pirenaica, perchè qui vicino c'è anche la CRESTA o SASSO delle STAMPE dove si possono trovare, incise nella pietra, le impronte delle zampe di ogni specie di animale. Senza dubbio quelli usciti dall'Arca!
Ecco intanto una bella immagine del SASSO MANDUINO!

mercoledì 16 giugno 2010

I leoni del PRIORATO di SERRABONA




Serrabona è un’oasi nel deserto. Non di sabbia perché il territorio intorno è costituito da macchia, ma il paesaggio è severo, e quando arriviamo al monastero pare davvero di essere in un’oasi. La cosa più rimarchevole del luogo è la rappresentazione dei leoni sino alla nausea. Ve ne sono alcuni che si seguono, altri che si affrontano in un insieme d’iconografie che ricordano Daniele nella fossa dei leoni o l’epopea di Gilgamesh. Qui conviene ricordare che le dodici tribù di Giuda si raggruppavano a tre per tre sotto emblemi che corrispondevano alle quattro lettere del nome di Yaveh: Y, H, W, H.
Y sta per l’uomo, H per il leone, W per il toro e la seconda H per l’aquila, che sono anche in forma leggermente diversa i simboli dei quattro evangelisti, il tetramorfo, i quattro viventi in forma alata che appaiono in tante raffigurazioni ai piedi del Signore. Forse molto semplicemente l’ignoto scultore ci voleva far sapere che apparteneva alla tribù di Giuda….
Ma il luogo a noi visitatori, non può non riportare alla mente il portale della cattedrale di Saint Trophime ad Arles…
Due sono comunque gli elementi più rimarchevoli di Serrabona: il primo è una tribuna nel centro del Priorato, si tratta di una struttura unica nell’arte catalana e di cui se ne contano una o due sole in tutta Europa una piattaforma sorretta da quindici colonne e pilastri di cui dodici decorati da capitelli di un’arte sublime. L’artista è ignoto ed è stato soprannominato “il maestro delle tribune” e si pensa provenga dall’atelier di S. Michel de Cuxa in quanto riprende migliorandoli, alcuni di questi temi.
Il secondo elemento è il chiostro che qui non è quadrato ma, a causa del luogo impervio dove sorge Serrabona, non è altro che un corridoio aperto su una terrazza e la valle, ornato di capitelli: l’apertura è disposta a sud e d’inverno è molto soleggiato e questo lo rende davvero un luogo unico.