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sabato 27 marzo 2010
Il vero CASTELLO di FRANKENSTEIN
Non tratto qui la storia del castello che ho già scritto e pubblicato più volte in una rivista e vari siti. In una trasmissione recente Giacobbo (che da sempre l'impressione di scoprire tutto lui!) improntò i suoi discorsi facendo sembrare che il castello sia stato trovato solo recentemente, ma non è così. Si deve agli studi di Radu Florescu l'averlo scoperto negli anni 70, 80, il sottoscritto lo visitò nel lontano mese di maggio 1980 in occasione di di un tour del tutto particolare.
Se volete conoscere in maniera approfondita la storia e tutte le leggende che riguardano Il VERO CASTELLO di FRANKENSTEIN, potete visitare il mio sito, lo trovate facilmente, bast adigitare il mio nome e il titolo dell'argomento che è lo stesso di questo blog. E' veramente troppo lungo per un blog!!!
Fabrizio Frosali
martedì 23 marzo 2010
TOMBELAINE, isola misteriosa
IL MISTERO DI TOMBELAINE
Tombelaine è l'enigmatico isolotto che si può vedere al largo di Mont St. Michel. Dei molti misteri che circondano il santuario quello di cui vado a parlare non è uno dei minori.
Da parte mia confesso che nutro un interesse maggiore per questo sperduto isolotto che non per la grande basilica visitata da milioni di turisti e che pure è tanto enigmatica.
Adesso Tombelaine è uno scoglio spoglio da qualunque vestigia umana, ma si dice che esista ancora un sotterraneo che in antico, passando sotto le sabbie della baia, collegava l'isolotto al castello di Saint Jean, sulla terraferma. Il signore del castello si chiamava Montgomery e Charles le Breton, che ci racconta questa leggenda, ci dice che era gelosissimo della sua amata, la bella Hélène. Quando il signore era via, la faceva rinchiudere nelle sue stanze ed una volta, passando per il sotterraneo, la lasciò sull'isolotto dove ella però morì. Ogni anno, al momento esatto della sua morte, una colomba appare,si posa su Tombelaine e vi rimane fino al giorno successivo. Lo spettro di Helène frequenta ancora l'isola e alcuni l'hanno intesa gridare il nome del suo amato: “Montgomery!”.
I vecchi raccontano che nei tempi passati si vedeva ancora l'entrata del sotterraneo e i giovani vi deponevano una moneta allo scopo di ottenere un rumore strano dalle cavità. Auspici di buon matrimonio (o il suo contrario) venivano a seconda del tipo di rumore che si otteneva, se dolce e melodioso oppure lugubre e triste.
Ma secondo un'altra leggenda Helène non morì all'isola. Trovò la morte nel bosco ma ogni notte la si poteva vedere al castello a visitare i suoi cari poi tornava nella selva dove era circondata da altri esseri spettrali di fanciulle bellissime. Il corteo poi si dirigeva verso il mare...
Si è scavato a più riprese per trovare il tesoro eventualmente lasciato da Montgomery, ma senza esito. Tombelaine (o “la tomba di Helène” ) sa ben guardare i suoi segreti...
Su Tombelaine esisteva di certo una fortezza. Questa fu fatta distruggere da Luigi XIV nel 1669 probabilmente perchè serviva di rifugio ai corsari. Rimangono ancora poche rovine delle torri e torrette nascoste nella vegetazione, a malapena distinguibili.
Da notare che a quel tempo Tombelaine era di proprietà di Fouquet, amico del pittore Poussin che tanta parte ha nel mistero di Rennes le Chateau. Fouquet, negli interrogatori che lo portarono ad essere incarcerato, fu molto interrogato riguardo ai suoi possedimenti di Tombelaine...
Pare che dovunque ci si giri, in Francia, tutto riporti a Rennes le Chateau...
Attualmente l'isolotto di Tombelaine è classificato come riserva e logicamente l'accesso non è libero, sebbene si possa visitare accompagnati da una guida a marea bassa.....
Fabrizio Frosali
domenica 21 marzo 2010
gli uomini leopardo
Il culto del leopardo ha origini antichissime. Già nell’antico Egitto questo animale era collegato al dio Osiride come un aspetto della divinità. Analogamente per molte tribù africane era deputato ad accompagnare le anime dei morti nel loro eterno riposo. Ma nell’immaginario popolare la setta degli uomini leopardo è ricordata per una serie di crimini orrendi che insanguinarono specialmente la costa occidentale dell’Africa nella prima metà del 1900. Alcuni pensano che le loro gesta siano un mito creato da autori a corto di idee e solo i più colti li collegheranno alla famigerata setta dei Mau Mau. I membri del culto uccidevano col minimo pretesto: anche una malattia o un raccolto andato male erano sufficienti a richiedere un sacrificio di sangue. Veniva designato un carnefice, che portava il nome di Batu Yeli, e costui aveva il privilegio di vestire la rituale maschera di leopardo ed una vesta fatta con la pelliccia dello stesso animale. La vittima veniva di norma uccisa con artigli di acciaio appositamente preparati. Questi consistevano in quattro coltelli speciali appesi al polso come un braccialetto. Quando la mano era stesa i coltelli erano nascosti, ma se la mano veniva stretta a pugno i coltelli emergevano tra le dita, proprio come l’artiglio di un leopardo. Normalmente la vittima veniva dapprima resa inconscia con una bastonata o un mezzo similare poi veniva trasportata nel luogo designato per la mutilazione o il sacrificio. Attorno venivano lasciate le orme di un leopardo con uno strumento apposito, che poteva essere un frutto intagliato all’uopo o un bastone . Nulla veniva lasciato al caso perché sul luogo dell’aggressione venivano anche lasciati dei peli del felino e per nascondere le proprie orme gli affiliati usavano scarpe speciali di gomma. Si cercava di effettuare il sacrificio presso gli altari della setta, occultamente celati nel folto della giungla, ma se ciò non era possibile il rito veniva effettuato dovunque. Il sangue del malcapitato veniva bevuto alla presenza degli altri membri e anche gli intestini venivano usati per creare una specie di magico elisir che doveva garantire forza sovrumana e forse trasformare il cultista in un vero leopardo. Se chi veniva sacrificato era una donna, i suoi seni venivano amputati e qualche volta anche gli occhi. Gli Anyoto, gli uomini leopardo del Congo, bevevano questa mistura, convinti che questo consentisse loro di vedere nel buio.
Quando tornava il giorno gli uomini leopardo tornavano alle loro normali occupazioni e viene detto che erano gentili, anche affabili coi loro vicini: la stessa cosa viene riportata dagli storici sulla setta indiana dei tughs. Evidentemente i crimini effettuati, compiuti con un certo rituale, non venivano percepiti come tali dagli affiliati.
In realtà gli Anyoto del Congo non erano altro che un corpo particolare di assassini al servizio di capi locali che volevano esercitare la loro autorità su determinati villaggi ed imporre loro tributi., magari a scapito delle popolazioni guidate da capi più importanti .
Si dice che dopo il 1936 l’associazione disparve e divenne solo materia di racconti per fumetti e letteratura pulp.
Ma questo non è del tutto vero. Come un’idra a sette teste il culto ricomparve in Sierra Leone e Nigeria. Queste nazioni erano già state funestate da molti delitti subito dopo la prima guerra mondiale ma si pensava che questa insana specie di religione fosse stata annientata dopo l’esecuzione di svariati membri. Invece gli uomini leopardo avevano solo diluito i loro attacchi.
Nel 1946 ricominciarono in grande le loro attività commettendo una cinquantina di omicidi, seguiti da altri 43 nel 1947.
Nella Nigeria orientale le vittime prescelte erano in genere giovani donne. Il capo della polizia locale, Terry Wilson si mise in testa di distruggere la setta, almeno per quanto riguardava la sua giurisdizione. Fu effettuato dalla polizia un raid all’abitazione di un capo locale chiamato Nagogo e oltre a tutti gli strumenti tipici degli uomini leopardo, furono trovati i resti di almeno 13 vittime.
Nei mesi successivi però furono compiuti altri omicidi incluse la moglie e la figlia di Nagogo
Wilson mostrò a quest’ultimo i resti mutilati delle sue congiunte sperando con questo di indurlo a tradire i segreti della setta ma ciò fu controproducente perché Nagogo spaventato, morì per un attacco di cuore. Wilson ottenne 200 uomini di rinforzo ma gli omicidi continuarono e una notte lui stesso per poco non fu vittima di un attentato.quando una freccia si conficcò nel muro della sua casa vicino alla sua testa.
Fu organizzata una trappola in un luogo che si sapeva frequentato dagli uomini leopardo, che era stato teatro di diversi omicidi: questo sentiero venne percorso diverse volte da un ufficiale travestito da indigeno, mentre a poca distanza Wilson e i suoi restavano in attesa nascosti. Un attacco fu effettuato ed il povero ufficiale perdette la vita ma il pugnale con cui si era difeso era coperto di sangue, indizio che anche l’uomo leopardo era stato ferito.
Wilson ebbe l’intuizione che questi sarebbe tornato per completare l’opera e invece di far portar via il cadavere, ordinò che fosse lasciato sul sentiero e rimase in agguato. Fu ricompensato perché il killer, vestito con l’abito rituale, tornò e Wilson fu costretto a sparargli, uccidendolo..
L’atto di Wilson fu risolutivo, perché dimostrò agli indigeni che gli uomini leopardo non erano invincibili e potevano essere uccisi.. Vi furono diverse delazioni e fu scoperto anche l’altare sepolto nel mezzo della giungla, una pietra circondata da ossa insanguinate con una rozza scultura rappresentante un uomo leopardo torreggiante al di sopra
Nel 1948 furono arrestati 73 membri del culto di cui almeno 39 furono giudicati colpevoli e impiccati.
La setta aveva subito un duro colpo, ma le credenze che avevano portato a compiere quegli atti orribili non erano scomparse.
In Tanganica un mese prima che gli uomini leopardo fossero impiccati in Nigeria, altre 7 persone furono giustiziate nel distretto di Singida per aver fatto parte di una setta similare, quella degli uomini leone, che aveva commesso almeno 40 omicidi....
Ma il mondo non
aveva ancora finito di sentir parlare degli uomini leopardo. Il 18
marzo del 1961 centinaia di terroristi fanatici uomini leopardo si
scatenarono nell'area di Kasongo, nella provincia di Kivu nel Congo,
con l'intento di massacrare tutti gli europei. Essi portavano bande
di pelle di leopardo attorno alla testa, si descrivevano come
appartenenti a una setta religiosa, quella dei Katawala ed erano
armati di archi e frecce. Tutto questo provocò l'invio di un forte
contingente dell'esercito congolese per cercare di ristabilizzare
l'area.
Come è facilmente
arguibile, il culto religioso era diventata un pretesto per movimenti
pseudopolitici nati nell'intento di cacciar via gli europei da terre
africane.
Fabrizio Frosali
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